Una lezione di civiltà, firmata Michele Serra

So che non si fa, che non si dovrebbe fare, ricopiare articoli di altri. Mi perdoneranno, spero, il direttore Mario Calabresi e il condirettore Tommaso Cerno, e, prima di loro, Michele Serra, autore del commento che mi prendo la libertà di riprodurre. Serra scrive, sopra la testata del quotidiano "la Repubblica", una ventina di righe che hanno un titolo sempre uguale, da rubrica, ">L'amaca". Sarebbero da riprodurre tutti, diciamo quasi, questo di martedì 14 novembre è una lezione di civiltà, in una società, purtroppo, sempre più incivile, estremizzata, votata al terrorismo non solo delle bombe, dei camion che si schiantano sugli innocenti, dei machete, dei campi di tortura in Libia, ma anche, e soprattutto, delle parole e dei gesti. Grazie, Serra, per questa lezione. Che sarebbe da impartire non solo allo sconsiderato forsennato che voleva esultare per un gol (non credo fosse solo questo, la sceneggiata era stata preparata, e sicuramente c'era chi sapeva in anticipo) ma ai suoi "camerati" di squadra che non hanno dato nessun segno di fastidio, anzi hanno esultato con lui e non potevano non aver capito. La imparirei anche ai gestori della squadra, al presidente che sgancia i quattrini: hanno preso qualche serio provvedimento? Andrebbe impartita ai dirigenti che chiamiamo federali solo per attribuire loro la tessera di appartenenza alla Federazione. La lezione, molto più allargata, andrebbe data ai beceri che lunedì sera hanno fischiato l'inno svedese a San Siro. Ma di cosa stiamo parlando? Di calcio.

"Il giovane calciatore che a Marzabotto (a Marzabotto!) fa il saluto romano dopo il gol, e inneggia a Salò, probabilmente non lo sa: ma è tal quale un simpatizzante dell'Isis che vada al Bataclan a festeggiare la strage; come un nazista che vada ad Auschwitz per brindare ai forni; come un nazionalista serbo che vada a Srebenica a esultare sulle fosse comuni; come un titino che vada in Dalmazia a rivendicare le foibe. È, insomma, uno che riafferma una strage, nel caso di Marzabotto strage di inermi, di donne e di bambini. È uno che rivendica il genocidio, che celebra la morte violenta, l'abominevole sterminio degli umani a scopo di sottomissione, di cancellazione, di soluzione finale.

Nel caso non lo sappia, glielo devono dire. Lo devono mettere seduto su una sedia e costringerlo a sapere che cosa è accaduto a Marzabotto. Che cosa significa Marzabotto. Non è possibile non sapere, non rendersi conto del significato dei gesti, dei simboli. Non è un lusso che ci possiamo più permettere, come italiani, quello di regalare agli stupidi e agli ignoranti il permesso di esserlo. Non sanno di Anna Frank, non sanno di Marzabotto, non sanno niente. Portano l'odio senza portarne il peso: è troppo comodo. Almeno saperlo, se si è stragisti, che si è stragisti".