Riprendiamoci il nostro spazio, senza clic

È veramente un dono del buon Dio avere la lucidità di guardare la realtà e di vivisezionarla con la leggerezza dello scrivere. Michele Serra è uno scrittore che ha questa capacità. Ieri, nella sua rubrica «L'amaca», a pagina 23 del quotidiano «la Repubblica», un ennesimo saggio di questa virtù. Mi ci ritrovo parola per parola, virgola per virgola. Se volete lo leggete, altrimenti fate a meno.

Già ci si annoiava a morte, ai tempi, quando l'amico tornato dalle vacanze ti costringeva a vedere centinaia di diapositive (tutte uguali); o quando la zia molto anziana insisteva per sfogliare insieme a te gli album delle fotografie di famiglia (tutte uguali). Ora le saghe social replicano all'infinito l'immaginetta umana. Io in bicicletta, Io in pizzeria alle Tremiti, Io con la fidanzata/o mentre ci diamo i bacetti, Io che mi impersono ventiquattro ore al giorno, come se fossi sotto contratto. Che sia Fedez il contrattualizzato, pazienza, è il suo mestiere, è uno dello star system. Che sia Matteo Salvini, il pupazzetto social di sé stesso, è un poco più sorprendente, perchè sarebbe il ministro degli Interni, il ministro di Polizia, che uno immagina intento ai tabulati, alle telefonate delicate, ai segreti di Stato, alle riunioni che contano, e invece è sempre lì, con la sua barba e il suo nasone, il suo profilo levantino, onnipresente e ripetitivo come il povero Mario defunto negli album delle vecchie zie, come il suggestivo villaggio greco nelle diapositive delle vacanze. In entrambi i casi, comunque, quello proprio (Fedez) e quello improprio (Matteo), si capisce bene che qualcosa cambierà veramente nel futuro dell'umanità, solo nell'attimo in cui riprenderà spazio, nella vita delle persone, la cura del proprio tempo quotidiano e delle proprie incombenze materiali, il rispetto dei propri tempi e dei propri problemi. «Scusami, ma non ho neanche mezzo clic da dedicarti perchè ho cose più importanti da fare» sarà lo slogan rivoluzionario del futuro.