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Benvenuti nel paese della cattiveria montante

Lettera del signor Gianfranco Licausi a Corrado Augias (quotidiano «la Repubblica», 11 dicembre)

Caro Augias, ho vissuto molte Italie, la democristiana, quella di Craxi, Tangentopoli e Mani Pulite, quella berlusconiana. Questa è la peggiore. Un Paese pieno di odio, trainato da forze antisistema che, grazie alla rivoluzione del web, tutto vanno modificando in peggio. Finite le ideologie, dimenticati i valori storici, morti i grandi partiti pedagogici, il fiume della protesta e del malessere ci porta in un grande mare di permanente propaganda. La polemica vive tra selfie, insulti, battute e false notizie. L'ignoranza della classe dirigente prospera su un diffuso analfabetismo funzionale. La realtà viene semplificata da una comunicazione che tralascia l'analisi della reale complessità. Cultura, sapere, morale sono irrisi come «radical chic» e «buonismi». Trionfa l'istrionismo di un comico che ha inoculato odio verso i colpevoli del sistema, favorito la nascita di una classe dirigente senza altra identità che l'appartenenza al «popolo». La mia non è nostalgia né pessimismo, questa non è una rivoluzione ma la caricatura di un nuovo mondo che non sarà.

La risposta di Augias

Quella che stiamo vivendo è davvero l'Italia peggiore che un uomo come il signor Licausi ( o - anagraficamente - come me) abbia vissuto? L'Italia del terrorismo forse era peggiore, lo era lo Stato che nulla potè o volle per impedire l'assassinio di Aldo Moro. Nello stesso tempo però si deve dire che mai in tempi recenti gli italiani si erano dimostrati tanto incattiviti. Lo ha denunciato anche il recentissimo rapporto del Censis, tra i più scrupolosi osservatori della nostra realtà sociale:«La delusione per lo sfiorire della ripresa e per l'atteso cambiamento miracoloso ha incattivito gli italiani...È stata quasi una ricerca programmatica del trauma, nel silenzio arrendevole delle élite, purché l'altrove vincesse sull'attuale. Una reazione pre-politica con profonde radici sociali, che alimentano una sorta di sovranismo psichico, prima che politico». Queste analisi si basano sui fatti. Il senatore Luigi Zanda intervendo sabato scorso su questo giornale ne ha fatto un impressionante elenco:«Beppe Grillo ha detto che quando L'Italia avrà un referendum la settimana, il Movimento 5 stelle avrà raggiunto il suo obiettivo e potrà sciogliersi. Davide Casaleggio ha ribadito il concetto. Ha detto che «tra dieci anni magari non ci sarà più la necessità del Movimento perché la partecipazione dei cittadini sarà già intrinseca nello Stato» e si potrà persino abolire il Parlamento, diventato inutile». Qui il signor Licausi ha probabilmente ragione nel senso che propositi dichiaratamente eversivi come questi nessuna forza politica aveva mai avuto la sfrontatezza di proporli da quando è in vigore la Costituzione (1° gennaio 1948). Alla Camera è già calendarizzato un disegno di legge che introduce il referendum propositivo senza quorum nè limiti di materia. I soloni del diritto così loquaci nei mesi che hanno preceduto il referendum del 2016, oggi tacciano, affaticati o vinti. «Il silenzio arrendevole delle élite», scrive il Censis.

Note a margine

Condivido molto di più - anzi totalmente - le parole del signor Licausi, che non la risposta di Augias, che, a mio giudizio, sposta il tema dall'incattivimento della nostra disastrata società al pericolo (reale, realissimo) della sopravvivenza della democrazia. Due note personali. Classe dirigente? Ma quale? Definiamola meglio «classe distruggente», o, meglio ancora, «classe digerente», vista la abbuffata di posti di potere, numismatico soprattutto. La rivoluzione del web? No, non si tratta di rivoluzione, ma di dittatura, prima di tutto sui cervelli. È sufficiente osservare la guerra in atto fra gli Stati Uniti e la Cina sulla tecnologia. Pensate che sia solo una questione di mercato, di fette di mercato? No, è la fotocopia del braccio di ferro Stati Uniti - Unione Sovietica per la supremazia nucleare negli anni della guerra fredda. Oggi il Dottor Stranamore non si occupa più di fissione nucleare, ma di sistemi informatici. Una volta facevano a gara per tirarci la bomba sulla testa, oggi per installarci un microchip nella testa.



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