Razzismo, lo sport italiano lo ha sempre rifiutato

Fra vecchie carte ricevute in eredità da un amico, ho rintracciato questo documento firmato da tutti gli Enti di promozione sportiva, socialista, comunista, democristiano, cattolico, credo degli anni '70, quando ancora il Sudafrica era sotto il giogo della discriminazione razziale e il signor Nelson Mandela misurava, con lo spannografo, la minicella dove lo avevano rinchiuso. Si condannava l'invito rivolto ad atleti di quel Paese a partecipare ad un meeting internazionale, a Milano. Quel Paese era stato escluso dal consesso sportivo mondiale, non poteva partecipare ai Giochi Olimpici e alle altre grandi manifestazioni internazionali. Ma qualcuno che faceva il bastian contrario c'era sempre. Il Sudafrica rientrò ai Giochi, con l'edizione 1992 a Barcellona. L'atletica, con Primo Nebiolo, aveva aperto la strada con una serie di manifestazioni nel Continente africano per far partecipare anche i sudafricani. Poi, nel 1995, venne il grande trionfo con la vittoria nella Coppa del mondo di rugby, mitizzata dal film «Invictus». In ogni caso, ieri, oggi, domani, sempre contro ogni forma di razzismo. Senza cedimenti. E invece ne vedo troppi, e le reazioni sono troppe tiepide. Peggio: complici.