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Rispose Ligabue: i matti guariscono, gli stupidi no

Casa Museo Ligabue a Gualtieri, uno dei tanti bei borghi del Mondo Piccolo, quello guareschiano della Bassa Padana. Nella foto scattata da Encarnación Tamayo Nevado, a sinistra lo scriba di queste noterelle sparse; a destra Giuseppe Caleffi, affascinante affabulatore che gestisce la Casa Museo. Oggi, quelli che fan finta di parlare inglese lo definirebbero «storyteller». Al centro, il quadro di Antonio Ligabue «Tacchini», "uno dei più belli tra quelli sopravvissuti del primo periodo pittorico", commento ripreso da pagina 198 del libro

Questa l'ho appena letta in un libro di piacevolissima lettura che non è ancora stato messo in vendita, ma che l'autore mi ha dato la possibilità di acquistare qualche giorno fa. Si legge come un romanzo, ma è storia, critica d'arte, sociologia. Il contesto: la Casa Museo Ligabue a Gualtieri. Noi, Encarnita e io, siamo andati a Gualtieri convinti di visitare il Museo Ligabue (disattenti noi, per carità) e una volta arrivati nel bellissimo Palazzo Bentivoglio ci siamo sentiti dire da una gentile signorina che la mostra è aperta al pubblico il sabato, la domenica e i giorni festivi. Ma allora questa Casa Museo? Iniziativa privata, la risposta molto formale. Incuriositi, chiediamo informazioni e arriviamo davanti ad un giardinetto e ad un edificio contadino, di un tempo che fu. Ci affacciamo e veniamo accolti dalla espansiva e contagiosa simpatia di un signore snello, slanciato, parlata tipicamente emiliana, meglio reggiana. Per farla non lunga: abbiamo trascorso, senza accorcergene, due ore e mezzo di piacevolissima conversazione, di ascolto soprattutto per noi soprannumerari della categoria di coloro che ignorano (tradotto: ignoranti). Parlo soprattutto per me, Encarnita, spagnola, ha tutto il diritto di ignorare Antonio Ligabue; scarse, rare e imprecise le notizie che io possedevo nel mio striminzito bagaglio.

Anfitrione Giuseppe Caleffi, dottore in Scienze Politiche, ultimo di una famiglia che accolse, aiutò e sfamò, Antonio Ligabue. Non ho dubbi: non avremmo mai scoperto la miniera di aneddoti, storie, precisazioni storiche su questa affascinante terra padana dove il socialismo, l'anarchismo, il comunismo, il cattolicesimo solidale, germogliarono e, anche insieme non solo in contrasto, costruirono una parvenza di società più giusta e più umana, una società contadina nutrita di tanta povertà. Il signor Caleffi ci è stato guida brillante, colta, soprattutto appassionata. La visita all'interno della piccola ma preziosa struttura, uno scrigno. Qualche foto, poi i francobolli emessi il 9 agosto scorso per ricordare il centenario (1919 - 2019) dell'arrivo di Antonio Laccabue (questo era allora il suo cognome) a Gualtieri. E infine, esce fuori il libro, finito di stampare lo scorso giugno, e che Giuseppe Caleffi vorrebbe presentare l'anno prossimo in occasione di una mostra che - sembra - si voglia fare a Parma. Lettura piacevolissima che fa scoprire questo singolare uomo, un «diverso» e quindi destinato al manicomio, mentre dentre di lui aveva invece germogliato una umanità che si rivolgeva soprattutto agli animali - una specie di San Francesco - e ai bambini.

Lo chiamavano «al Matt», ma era tutt'altro che matto. Strano sicuramente, in abbondanza. Sentite questo episodio (di cui fu testimone Sergio Negri, titolare di una galleria d'arte a Guastalla) che ho letto nel libro di Caleffi (pagina 194). L'episodio si riferisce ad una lite fra l'artista e un cliente, lite che aumenta di tono fino a quando (notare che Ligabue ha sempre usato il «voi» per rivolgersi alle persone, di qualunque stato ed età)...:

CLIENTE "Antonio ti compatisco perchè sei matto, altrimenti ti romperei il muso!"

LIGABUE: "Ah sì, io sono pazzo? Bene...bene...ma voi che vi credete un così bravo cittadino non vi siete mai guardati allo specchio per vedere quale faccia da stupido avete? E poi dovete sapere che, quando ero in manicomio, i medici mi hanno sempre detto che i matti guariscono, ma gli stupidi no. E voi per tutta la vita rimarrete uno stupido, un povero stupido".

E fallo passar per «Matt»!

Tornero' su Gualtieri, sulla Casa Museo Ligabue con qualche altra informazione in più. Intanto segnatevi questo riferimento: www.museoligabue.it , ne vale la pena.


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