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La prego, diamoci del lei...come se fosse facile...

Provo un piacere speciale - lo dico così per non essere volgare - quando mi riesce di leggere che qualcuno la pensa come me. Il motivo è che son pochi quelli che la pensano come me. Oppure, ci sono ma non si manifestano. Questa l'ho letta oggi, ritirando il mio plico di giornali all'edicola della cara signora Marcellina (e figlia) a Villa di Bogliaco, prima di salire al mio eremo dove i giornali in carta - quelli veri, difendiamoli fin che possiamo - non arrivano. Nel plico anche l'ultimo numero de «L'Espresso», quello di domenica scorsa. Come sempre una sfogliata panoramica per vedere cosa leggere per primo. L'occhio cade sulla rubrica «Noi e Voi», maneggiata con garbo, maestria e cultura da Stefania Rossini. Leggo, la firma sulla lettera indica il signor Emilio Zanchè. Tema: un malvezzo ormai dilangante e inarrestabile...Leggete.

"..., vorrei trattare il problema del dilagare del pronome «tu» e del tramonto del «lei». Ormai è impossibile entrare in un negozio senza sentirsi apostrofare come fossi un amico intimo con frasi tipo «Ciao, posso esserti utile?». Il tu è ormai invalso alle casse dei supermercati, nelle file davanti agli sportelli e con gli stessi addetti agli sportelli, cioè ovunque sia necessario uno scambio di frasi tra estranei. Il più delle volte chi ti parla così è giovane o giovanissimo mentre io ho stampati in faccia i miei sessant'anni suonati. Non è per l'età che mi aspetterei un po' di rispetto, ma è perchè trovo grossolano e improprio questo appiattimento delle distanze. Io do del lei a chi non conosco, quale che sia la sua età - ovviamente non infantile - e la sua posizione sociale. Inoltre, anche se volessi, non mi riesce di rispondere con il tu a chi lo usa con me. Le faccio un esempio: frequento più volte alla settimana un circolo dove un portiere sulla trentina mi saluta con frasi tipo «Eccoti qui!» oppure «Gli amici ti stanno aspettando». Ogni volta rispondo freddamente sottolineando nel tono che gli sto dando del lei. Niente da fare, è come se nella sua testa i due pronomi fossero la stessa cosa. Ultimamente ci si è messo anche il mio nuovo medico di famiglia, che ha sostituito un vecchio ed educato dottore andato in pensione. Mi ha accolto con:«Piacere di conoscerti! Ora ti visito e vediamo come sei messo». Che ne direbbe se L'Espresso lanciasse una bella campagna per il ritorno del lei, e quindi di un po' di educazione?"

Parte della risposta di Stefania Rossini. "...è una battaglia che io stessa ho perso più di una volta, fino a rinunciare...è passata alla storia una tagliente battuta di Togliatti:«Caro compagno, dammi pure del lei»...resta inimitabile una vignetta del nostro grande Altan che risale ai tempi in cui gli immigrati erano chiamati «vu comprà» e che resta tristemente attuale. All'uomo bianco che gli dice con supponenza «Cinque anni e diventi italiano», l'immigrato risponde:«E a quel punto mi darà del lei?» ".

Vien da rimpiangere i tempi nei quali i figli si rivolgevano ai genitori con il «voi». Vi assicuro che ho conosciuto qui sulla mia montagnetta del lago di Garda parecchi figli sessantenni e oltre rivolgersi al padre novantenne in questa forma, e alla mia palese sorpresa, un po' stupita per la verità, mi fu risposto che era sempre stato così per tutta la vita, e lo sarebbe stato sempre. Rispetto, educazione, riconoscimento di autorevolezza dei genitori: sostantivi che, forse, avanti di questo passo, gli Accademici della Crusca saranno costretti a cancellare dal Vocabolario per scarso o nullo uso.

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