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Parola d'ordine: saremo migliori. Sì, ma quando?

Vi ricordate il motto che, qualche mese fa, faceva il giro quasi ossessivo dei giornali, delle televisioni, dei commenti dei grandi (e altrettanto inutili) editorialisti o urlatori da sceneggiate (ben retribuite) televisive che chiamano talk show, dove nessuno talk (discutere pacatamente) ma tutti howl (ululare)  o scream (urlare) o shout (sbraitare)? E i suonatori di violino, o di arpa, o di flauto traverso, dalle terrazze che toccavano le corde della emozione e dei più puri sentimenti fino a strappare le lacrime? E gli imitatori del melodico Andrea Boccelli (che, anche lui come Roberto Mancini, è scivolato su una buccia di banana, per dirla con Daniele De Rossi, con affermazioni minchiute)? Ve lo ricordate sì? O ve lo siete già scordato?

La parola d'ordine era: saremo tutti migliori. 

Oggi vi offro un esempio di questo gigantesco miglioramento della bestia umana che ho trovato on line sul sito di un quotidiano nazionale. Ascolterete solo la parte più edulcorata, il resto degli insulti irripetibili è stato censurato, provate a immaginare che dialogo raffinato. Cliccate qui.

Domani tornerò in argomento, ho in serbo un paio di «chicche».

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