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Giornalisti come gli animali della famosa fattoria

  

Quale famosa fattoria? Quella raccontata nella novella allegorica di George Orwell, «La fattoria degli animali», che lo scrittore inglese scrisse fra il 1943 e il 1944, e fu pubblicata per la prima volta il 17 agosto 1945. In Italia arrivò nel 1947, Arnoldo Mondadori Editore. La frase forse più celebre, e sicuramente più citata, recita «Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali di altri». Era la nuova versione del settimo comandamento che dettava le regole del mondo governato dagli animali. Quella originale diceva semplicemente «Tutti gli animali sono uguali». Ma poi presero potere i maiali, che aspiravano ad essere uguali agli uomini e stravolsero i comandamenti. Il maiale Clarinetto, in combutta con Napoleone e Palladineve, riscrisse le regole della convivenza per dar corso al processo di umanizzazione. E alla fine, i maiali camminarono eretti, su due gambe, proprio come gli umani, e ne appresero tutti i difetti e i vizi.

E così la metafora può adattarsi ai giornalisti:«Tutti i giornalisti sono uguali, ma alcuni sono più uguali di altri». Ce ne regala un eclatante esempio Daniele Poto, osservatore attento e documentato dei difetti del giornalismo nazionale.

Io invece dimenticavo un piccolo codicillo: quanti maiali purtroppo si sono raddrizzati su due sole gambe e camminano eretti! Riescono a mimetizzarsi bene. Si riconoscono però solo quando aprono la bocca. 

Giornalisti come Mastella e come Siviero

di Daniele Poto

Vi piacerebbe lavorare da giornalista come Clemente Mastella? Forse non sapevate che riscuote una pensione pur avendo ricoperto solo per pochi giorni questa funzione. Con virtuale voto di scambio venne assunto giovanissimo presso la sede RAI di Napoli per ordine di Ciriaco De Mita. L’assunzione destò scandalo, la redazione scioperò per tre giorni per questa imposizione calata dall’alto. Mastella diventò giornalista professionista il 19 maggio 1975 ma non lasciò segni nella categoria. Non si ricorda un suo servizio, una sua inchiesta, niente che fosse giornalisticamente di contrasto alla linea politica della Democrazia Cristiana, allora in pieno fulgore.

Giornalista poco esercitante perché un anno e 32 giorni dopo venne eletto alla Camera dei Deputati. Dove sarebbe rimasto con bell’esempio di continuità e di casta per 33 anni consecutivi. Per passare nel 2009 al Parlamento Europeo di Bruxelles, curando i suoi affari con moglie e famiglia a Ceppaloni (Benevento), un po’ come De Mita a Nusco (Avellino). Vecchi satrapi meridionali, un po’ infeltriti ma sempre bastevoli come dominus locali.  Abbandonando la professione Mastella però ha continuato a vedersi attribuiti i contributi figurativi fino a maturare una pensione dell’Inpgi (Istituto Nazionale Previdenza Giornalisti) dopo aver lavorato come tale per soli 397 giorni. Ci piacerebbe sfogliare la denuncia dei redditi di Mastella per capire come funzioni il cumulo di tante ricche pensioni.

Perché stupirsi quindi se l’Istituto di Previdenza potrebbe vedere esauriti i propri fondi all’altezza del 2028, sopportando casi scandalosi del genere e centinaia di stati di crisi rovesciatigli addosso, più o meno fintamente, da gruppi editoriali che invece navigavano nel benessere e, a un certo punto, respirando aria pesante, si sono cautelati, tagliando servizi, stipendi, licenziando giornalisti, portando il tesoretto residuo all’estero, se necessario.

Poi ci sono altre storie, profondamente diverse. Una sentenza del maggio 2019 ad esempio ha reintegrato nel posto di lavoro al «Mattino» di Napoli il giornalista Massimo Siviero. L’eccezionalità è data dai tempi.  Viene impugnato e rigettato un licenziamento decretato nel 1997. Otto gradi di giudizio in un tempo in cui si sono avvicendati tre Papi e sei direttori del quotidiano in questione. Siviero è da 56 anni giornalista professionista ma soprattutto è nato nel 1942, dunque a 78 anni più che il reintegro si godrà un lauto risarcimento. La giustizia quando ti dà ragione in ritardo è ancora giustizia? Siviero nel frattempo poteva essere morto. Con una sentenza del genere perdono tutti, compresa l’Italia e il giornalismo. Mastella e Siviero, gli estremi di una professione e delle sue profonde contraddizioni.

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