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La «Centomiglia» lancia la sua sfida al virus

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Ricevo da Garda Grandi Eventi x CVG Gargnano 2020:

GARGNANO/lago di Garda - La «Centomiglia del Garda» tornerà i prossimi 5-6 settembre con la sua 70esima edizione, confermandosi la regata più longeva della vela italiana. Al Circolo Vela Gargnano stanno lavorando. Il presidente Lorenzo Tonini e il suo giovane staff  hanno confermato che il percorso sarà a tutto lago. Gli altri dettagli arriveranno. Grande spazio sarà riservato alle classi monotipo dei laghi, quelle barche che, da sempre, affollano la partenza dal porticciolo di Bogliaco di Gargnano: Asso, Dolphin, Ufetti 22, Protagonist 7.5, J 80 e J 24, Fun. Si ripeterà così il rito, come in quell' 8 settembre del 1951. Sarà un'edizione tutta gardesana, anche se non si esclude la presenza di barche ed equipaggi stranieri. Citando lo slogan di questa "Legend Edition": “Quelli che...sono velisti veri e ci saranno”.

Tra fine agosto e il fine settimana della «Centomiglia» a Gargnano-Bogliaco si vivrà un vero e proprio Campionato Minialtura. Si inizierà il 28-29 agosto con la Gentlemen's Cup, il 30 con il 54esimo Trofeo Riccardo Gorla. L'inizio della nuova stagione per Gargnano si avrà dal 17 luglio quando si volerà con il "Persico69F", la vela volante made in Benàco, nata grazie a Daniele Dede de Luca e Faustino Mondini, versione in piccolo delle carene di 24 metri, che l'anno prossimo vedremo in Nuova Zelanda per la Coppa America. Il 69F  anticiperà il tema della vela volante che rivedremo in agosto, sia al  «Gorla» sia alla «Centomiglia». 

Sempre dal calendario della XIV zona di Federvela: nel primo week end d'agosto a Gargnano si correrà il recupero del Trofeo Centrale del latte di Brescia, con il doppio giovanile Rs Feva. Stessa barca che all'Ans di Sulzano, sul lago d'Iseo, disputerà dal 21 al 23 agosto il Campionato Italiano Team Race (a squadre), dove il CV Gargnano sarà presente con la sua squadra di giovanissimi con i Campioni Mondiali Under 13 Andreoli-Rossi e i Campioni nazionali dei team misti Tonoli-Rapuzzi. Dal 26 al 28 luglio ci sarà il «Vela Day», giornata della vela per giovani e famiglie, sempre nel rispetto delle normative anti-Covid.

Accanto alla ripresa dell'agonismo, ci saranno le scuole di vela in piena attività, grazie al progetto “Ritrova la bussola”, con 750 Club in tutta Italia, mentre la Federazione Italiana Vela ha stanziato 700 mila Euro in favore dei suoi associati, club, scuole, istruttori, atleti. 

«Questa è la Camera dei Comuni»

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È il titolo del quinto saggio breve scritto di Virginia Woolf (1882 - 1941), scrittrice inglese, raccolto, insieme agli altri, nel piccolo libro «Scene di Londra», cinque gioielli di scrittura, a mio modesto giudizio. Questo dedicato alla Camera dei Comuni è l'ultimo dei cinque. Ci offre alcune riflessioni di straordinaria attualità. Eppure son scivolati via quasi cent'anni da quando furono scritti, nel 1931. Gli altri sono «I Docks di Londra», «La corrente di Oxford Street»,«Le case dei grandi», «Abbazie e Cattedrali».

"Oggi un singolo uomo non può reggere alla pressione delle umane faccende. Esse si abbattono su di lui schiacciandolo; lo lasciano privo di carattere, anonimo, un puro strumento nello loro mani. La conduzione degli affari è passata dalle mani degli individui alle mani dei comitati. Persino i comitati possono solo dirigerli e sollecitarli e rovesciarli addosso ad altri comitati...La celerità è l'esigenza suprema. Mille navi giungono ogni settimana ai Docks di Londra, ma quante migliaia di problemi arrivano ogni giorno alla Camera dei Comuni ed esigono una soluzione?...Vediamo un po' se la democrazia che costruisce edifici, non può in realtà essere migliore dell'aristocrazia che scolpiva statue...Perciò lasciateci sperare che la democrazia si avveri, sì, ma solamente di qui a cent'anni, quando giaceremo in mezzo all'erba; oppure che entrambe le dimensioni, per un qualche straordinario colpo di genia, possano convivere: il vasto edificio e il piccolo, particolare, unico individuo".

Avrò il diritto il portarmi a letto chi voglio?

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Stravaccato sul divano, dove poi, di solito, cado preda della pennica pomeridiana, allungo il braccio e prendo il primo giornale della pila che dimora costantemente sul tavolino accanto, in attesa di diventare tanto obsoleta da prendere la via del cassonetto di riciclo della carta. Oggi, passando le pagine, ho letto del signor Del Vecchio e del suo tentativo di diventare padrone di un consistente pacchetto azionario di Mediobanca, la cassaforte degli italiani ricchi, o per mal che vada, ricchissimi; poi ho appreso con attenzione i dati forniti dall'INPS sui pagamenti della Cassa integrazione, argomento che rende ringhiosi e attaccabrighe una gran parte degli italiani i quali sparano cazzate a raffica senza saperne nulla; e via enumerando. Prima che Morfeo portasse a termine il suo lavoro, l'occhio semichiuso si dirige su un titolo che dice: Erika, la poliziotta che parla ai dimostranti. Non è tanto il titolo che risveglia i miei sensi, è la righina che sta sopra, quella che in termine giornalistico si chiama «occhiello». Dice: Bianca e lesbica dichiarata, guida gli agenti di Atlanta. Ma non è finita, prime righe del testo: Erika Shields, detective bianca con 25 anni di carriera alle spalle, da pochi mesi capo della polizia di Atlanta e da 4 anni lesbica dichiarata...

Me lo son sognato, la prima semireazione. No no, tutto vero, sta scritto lì. Seguo nella lettura e apprendo che Erika, in divisa e da sola, si è presentata davanti ai rivoltosi (come forse saprete le città americane sono in feroce subbuglio per l'omicidio di un afroamericano soffocato da un poliziotto, episodi all'ordine del giorno nella civilissima America) per invitarli alla calma e al dialogo. Roba da uscirne a tocchi e bocconi se la folla perde la ragione. Lei è andata in strada, ripeto da sola, di fronte a centinaia di omaccioni forzuti e donne straincazzate, in uno Stato nel quale il Governatore Brian Kemp, nel 2018, fece campagna elettorale girando sempre con un fucile in mano. A favore di chi? Di quello che il mio amico Giorgio, che sta sei mesi all'anno a San Diego, California, e altri sei mesi a Celle, Liguria, chiama senza giraci tanto attorno «il Criminale».

Chiedo: a voi frega che Erika sia «lesbica dichiarata»? A me no. Essere lesbica, omossessuale o bisex deve essere, oggi, un elemento distintivo? Ma, diciamola bene e tutta: chissenefrega di chi entra nel letto di chi, consenziente? È un aspetto che attiene la sfera intima, strettamente intima. E se invece di lesbica dichiarata si conoscesse di Erika una sfrenata attività sessuale eterosex, cosa si sarebbe dovuto scrivere? Ninfomane dichiarata?

Ho provato un senso di profondo fastidio, disgusto, e ancor di più per il fatto che 'sto articolino di qualche riga (già ridicolo firmarlo, Vincenzo Cecchini al «Giornale di Brescia» me lo avrebbe cassato) portava la firma di una donna. Brava, bel capolavoro. Vede signora/signorina se fossi il suo direttore le darei una girata come un calzino. Cosa ho detto? Direttore? Ma ne esistono ancora? Oppure esistono solamente figuranti per le sceneggiate televisive, scelti dai padroni del vapore proprio per questo? Ormai, di destra, di sinistra, di centro, di sponda, passano tutti le giornate nei corridoi delle tivvù e in sala trucco per incipriarsi, in attesa di recitare il loro copione. Poi dicono che i giornali perdono copie, e te credo!

Running Club ieri, giro del lago di Garda oggi

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L'amico Enzo Gallotta ci racconta cosa è stata e cosa sta nascosto tra le pieghe di una camminata di 143 chilometri attorno al lago di Garda realizzata da Elio Forti.

Hop, hop, hop…”. L’onomatopea incerta scandita ritmo cadenzato dal gruppetto di tiratardi davanti a un bar di Assenza, estremo nord del territorio di Brenzone, in sponda veneta, accompagna il passo deciso del viandante quando tenera è la notte. Il traguardo ancora da conquistare. Questo uno dei momenti vissuti nel corso dell’avventura, l’ennesima, che ha per protagonista Aurelio Forti, “Elio” per i molti amici, di casa a Navazzo, sul monte di Gargnano, che ha chiuso a piedi in meno di 24 ore il giro del lago di Garda. Per la statistica, da Navazzo a Navazzo via Salò -Desenzano - Peschiera - Lazise - Garda -Torri del Benaco - Riva-Limone - Gargnano fan 143 chilometri e 320 metri percorsi in 23 ore, 39 minuti e 46 secondi. Parola di GPS. Ennesima impresa messa in cantiere e onorata per “celebrare” i 30 anni di costituzione della società Alto Garda Running Club. cooperativa sportiva tenuta a battesimo il 6 marzo del 1990 da un gruppo di amici, sportivi e sognatori con i piedi ben ancorati a terra, che hanno dato a questa terra la “Diecimiglia del Garda”, corsa podistica internazionale che va in onda dal 1974. Originariamente “La Caminàa”, firmata dal Gs Montegargnano. Altra opera del viandante nostro, cresciuta, come la competizione, grazie al concorso di amici preziosi.

Avevamo preparato una bella festa – scrive Elio Forti – con tanto di inviti da consegnare ai soci. Poi, le vicende legate alla pandemia ci hanno costretto a rinviare tutto. Non potevo tuttavia, come presidente di questa società, che ha avuto ed ha tuttora un’incredibile storia, lasciare che questa data passasse inosservata. Ho voluto festeggiare a modo mio in attesa di poter celebrare la ricorrenza in modo ufficiale”. Così ha dedicato la lunga “passeggiata” sulle strade intorno al Garda, a chiuderne il periplo, “a chi non ha potuto esserci fino alla fine, ma a questa avventura ha dedicato la vita”.

Cuore e batticuore. Ma pure gambe buone. Allenate durante la lunga quarantena tra le mura di casa, con preparazione rifinita a seguire sui monti di casa. Una consegna di documenti, rigorosamente a piedi, su alla Costa. Una camminata a Turano e ritorno. Ci vorrebbe un buon contachilometri per mettere in fila tutti quelli che Elio ha corso e camminato. Sulla stadera ci mettiamo pure qualche sgroppata a scollinare gli Appennini con la “100 km del Passatore” e il carico da novanta dell’Impresa, con la maiuscola. Quella di due anni or sono, da Navazzo a Nazaré, in Portogallo, dove le onde dell’oceano furoreggiano e si combina l’amicizia con il vissuto gemellaggio sportivo che corre dal Garda all’Atlantico. In tutto 2451 km (Cammino di Santiago compreso) in 51 giorni.

Questa volta come allora la scorta e l’appoggio logistico sono stati assicurati dal fido Osvaldo Andreoli, prezioso sodale di viaggi e battistrada motorizzato. “Assistente dei ghiaccioli” dice lui. Rifornimento garantito, almeno una decina di gelati per rinfrescarsi e contorno di barrette per ricaricare le batterie, per Elio durante tutta la camminata. Compiuta senza sosta alcuna, se non per qualche rapida sortita dovuta ad esigenze “idrauliche”. Ragguardevole la media del passo, a lavori conclusi, di 6 km all’ora con l’aggiunta di 1 periodico. In sintesi, partenza davanti al Running Club, simbolica quanto basta, di venerdì mattina, il 5 giugno,  a dribblare nuvoloni e scrosci di temporale che ci accompagnano da fine quarantena. Tragitto affrontato in senso antiorario. Ovvero da Navazzo a Toscolano per imboccare la Gardesana Occidentale in direzione Salò-Desenzano. Raggiunta Peschiera, si rimonta la costa veronese fino a San Vigilio lungo la Orientale. Passaggio di notte a Malcesine: “Mi sembrava che le luci di Limone, dall’altra parte, si potessero toccare. Poi si allontanavano di colpo mentre camminavo. Alle fine le ho lasciate dietro” dice ancora Elio. Infine Riva del Garda e le gallerie, già in parte superate in costa veronese. Il traguardo è ormai vicino. In avanscoperta sempre Osvaldo. Quando le prime luci del giorno fanno capolino un automobilista mattiniero avvista il “pellegrino” in prossimità di Gargnano. Approda al bar e ci trova la staffetta Osvaldo alle prese con cappuccino e brioche. “C’è un matto a piedi sotto le gallerie”, questo il commento in dialetto stretto dell’avvistamento di poco prima strada facendo. A identità del soggetto e percorso svelati, ci scappa una risata e qualche parole di apprezzamento.

Prima che l’orologio abbia compiuto due giri di quadrante, Elio Forti chiude il suo “Grand Tour”. Avventura conclusa. In tempo utile. Altra storia da raccontare. Con dedica particolare. Per scoprire a chi, va dove ti porta il cuore.

Alla faccia dell'invocato «ne usciremo migliori»

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Vi ricordate, vero, tutte le belle parole d'ordine in pieno Coronavirus? Ce la faremo, tutti insieme ne usciremo,  ripartiremo insieme (e infatti la pubblicità che seguiva era di una notissima casa automobilistica) . Pochi minuti fa è stato reso noto il progetto Meravigliao del signor Vittorio Colao (ex manager Vodafone, sapete, no? una delle simpatiche compagnie di telecomunicazioni che ci ha grattato soldi sulle bollette dei nostri telefonini, la famosa storia dei 28 giorni...), il quale in sei punti originalissimi ci annuncia il progetto «per una Italia più forte, resiliente ed equa». Se avessi quattrini da spendere commissionerei una indagine ad una società esperta nel raccogliere opinioni per conoscere la percentuale degli italiani che sanno cosa significa «resiliente, resilienza», senza guardare un dizionario. Ma è un sostantivo e un aggettivo che va molto di moda, fa molto intellettuale.

C'è stata una parola d'ordine che mi ha colpito più di altre, la più toccante di tutte quelle che ho letto io: «Ne usciremo migliori». Sarò un pessimista incallito, ma non ci ho creduto neppure per un istante. Convinto più che mai che chi era una brava persona prima del virus, sarebbe rimasto una brava persona durante e dopo, e lo ha ampiamente dimostrato; quelli non catalogabili in questa categoria avrebbero continuato ad essere dei mascalzoni, dei ladri, dei profittatori, dei bugiardi, degli imbecilli, degli energumeni. Durante il virus ne abbiamo viste di cose orrende e ripugnanti, fino a dirigenti-pantegane dello Stato che speculavano a man salva sulla pelle di chi stava morendo. Nomi? Fatemene qualcuno voi.

Adesso siamo alla Fase «tana libera tutti», o quasi, e che cosa sta succedendo? Ieri, domenica, ho raccolto qua e là titoli di notizie apparsi sui giornali, e ne è venuto fuori un bel campionario. Li ho ricopiati e ve li lascio in eredità per il «pensierino della sera». È solo una piccola selezione, se volete ne raccolgo di più. A me sembra che non ci sia proprio nulla di diverso da prima, o di migliore. E voi?

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