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Subdolo razzismo strisciante (parte seconda)

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"Violenza sessuale la scorsa notte al Parco del Valentino, il polmone verde nel cuore di Torino. Una giovane donna, appena maggiorenne, è stata abusata da un trentenne della Guinea, irregolare in Italia, che è stato arrestato dalla polizia. La ragazza, secondo quanto ricostruito dalla polizia, si era appartata con un amico su una panchina del parco, dopo aver trascorso la serata in una discoteca, quando il migrante l'ha minacciata, armato di bottiglia. A dare l'allarme è stato l'amico".

Sempre dal sito di «la Repubblica» di oggi, domenica 23 marzo. Una volta si scriveva «come volevasi dimostrare». Riassumo: un 24enne di nazionalità sconosciuta ammazza un uomo, ferisce gravemente altre tre persone, ma di lui non si sa nulla. La appena maggiorenne che si era appartata su una panchina del Parco del Valentino nel cuore della notte, appartata? giocavano a scacchi? guardavano la luna come i fidanzatini di Peynet? parlavano di Ronaldo che dovrà pagare 20 mila Euro (ridicolo) per aver fatto un gesto degno della suburra? "è stata abusata da un trentenne della Guinea, irregolare in Italia". Miracolo a Torino: di questo stupratore si sa tutto, che è della Guinea e che è irregolare. Vergogna, vergogna, signor Carlo Verdelli, nuovo direttore del quotidiano che è pur il mio quotidiano. Questo è razzismo, del più squallido, ripugnante. È inutile suonare la grancassa sulle iniziative culturali, sui dibattiti pubblici, sui paludati editoriali. La guerra si fa in trincea, giorno per giorno, ci si sporca di fango e di cacca. Anche prendendo a calci nel culo corrispondenti e giornalisti di bottega che scrivono sotto dettatura dei carabinieri, o fanno copia-incolla dei comunicati stampa della Questura. Oppure, anche voi vi siete allineati al razzismo dilagante? Che è quello che penso, ma mi sforzo ancora di rifiutare. Ma per poco.

Simbolo di idiozia e subdolo razzismo strisciante

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"Un'intera famiglia è stata travolta da un'auto impazzita nella tarda serata di ieri nel centro di Intra, frazione di Verbania che si affaccia sul lago Maggiore. Nonno, nonna, la mamma e il figlio di 20 mesi stavano camminando sul marciapiede quando sono stati travolti da un'auto guidata da un ragazzo di 24 anni che ha perso il controllo della vettura".

Ho letto pochi minuti fa questa notizia sul sito di «la Repubblica». Uno dei tanti incidenti che funestano ogni giorno le nostre strade, purtroppo. Ma la cosa che mi ha colpito al muso come un diretto destro di «Big George» Foreman, uno dei più grandi picchiatori della catoegoria pesi massimi, è quello che ho letto in calce alla notizia. Dove c'è quell'assurdo simbolo di idiozia rappresentato da un pollice alzato con scritto vicino «Mi piace», leggo che la notizia è piaciuta a 81.795. No, per favore, ditemi che non è vero. Davvero 81.795 individui esprimono con un segno tanto semplicistico e insignificante il loro gradimento ad una notizia che ci racconta che un uomo è morto e altre tre persone sono rimaste gravemente ferite? Ci deve essere un errore, quel gradimento è finito lì per sbaglio, oppure c'è un trucco, che ne so, per qualsiasi altro motivo. Mi rifiuto di credere che 81.795 persone possano essere tanto idiote.

Ah, poi c'è un'altra che mi indispettisce. La notizia dice «un ragazzo di 24 anni». Italiano? Esquimese? Profugo dalla Terra del fuoco? Non si sa, ma è la consuetudine, ci faccio caso da anni. Se il soggetto che compie una infrazione, un incidente, un delitto, viene dal Senegal, dalla Tunisia, dal Bangladesh, da qualsiasi altra parte del mondo, viene subito etichettato. Se si tratta di prodotto nostrano, no, non serve dirlo, lo si dà per acquisito. No, signori giornalisti, proprio no: questa è una forma di razzismo subdola e inaccettabile. Una forma delle peggiori, che serve naturalmente agli appassionati del «dagli all'extracomunitario!». 

Aprite le vele al vento del Garda, si comincia

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«Vernissage» per la nuova stagione velica 2019 dopodomani al Circolo Vela Gargnano. Il cartellone offre la 41esima edizione del  «Trofeo Roberto Bianchi» riservato alle classi monotipo (Asso, Protagonist, Dolphin Mr) e stazza Orc (Offshore). Regate nella sola giornata di domenica. La gara salperà da Gargnano (Marina di Bogliaco) alle 9 e mezza, per puntare su Campione del Garda. Per le classi monotipo sarà la prima prova del Circuito 2019. 
Dopo il «Bianchi» il 6-7 aprile i velisti saranno impegnati nella «Spring Cup», un omaggio alla barca che fino ai Giochi Olimpici di Londra 2012 è stata la regina delle gare olimpiche. La «Star» torna a Marina di Bogliaco dopo il «Campionato Open XIV Distretto» dello scorso anno. Rivedremo il giovanissimo Guido Gallinaro, che ha già disputato la Star Champion League alle Bahamas e il Campionato mondiale Under 30 di Miami.  Gallinaro proprio al porticciolo di Bogliaco ha mosso i suoi primi bordeggi, quando il suo istruttore era Gian Carlo Ballarini. Sarà un ritorno anche per Roberto Benamati, skipper di Malcesine, Campione del mondo e d’Europa proprio con la «Star», Campione italiano in carica. Nel settembre 2018 Benamati ha vinto in assoluto la sua nona «Centomiglia».
Proprio nella gara regina del CVG questa barca ha scritto pagine memorabili, con le vittorie di Nanni Porro (1959), Giorgio Falck, quando aveva a prua il gargnanese Gino Filippini (1961), Flavio Scala nel 1966. Tra i soci che il CVG ha avuto, ci sono Carlo Rolandi, che con la «Star» disputò le Olimpiadi di Roma 1960 (nelle acque di Napoli), quando era a prua del «Merope» di Straulino, Angelo Marino, Andreino Menoni, che fu tecnico della Nazionale azzurra alle Olimpiadi ed ai Mondiali vinti dall’equipaggio Gorla-Peraboni nel 1984. La «Star» targata Gargnano vanta poi una flotta di veri gentlemen, numerose carene, alcune di legno, molte restaurate nei vari cantieri lacustri.
 
 

Quando l'Italia era un paese senza ghetti umani

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Signore di bello e ricco Stato, ma d’animo, di valore, di prudenza, d’intelletto superiore alla sua propria fortuna e degno di essere paragonato co’ maggiori e più gloriosi principi de’ secoli passati”. Dobbiamo questo lusinghiero ritratto a Torquato Tasso, che così dipinse con le parole la figura di Vespasiano Gonzaga Colonna, duca di Sabbioneta. Era un condottiero, uomo d’arme, ma era anche un uomo di lettere, che amava la poesia, l’arte, l’architettura, e che governava con saggezza e lungimiranza. Figlio di Luigi Gonzaga, conosciuto come Rodomonte, e di Isabella Colonna contessa di Fondi, alla morte del padre durante l’assedio di Vicovaro, vicino a Roma, Vespasiano ereditò un piccolo territorio non lontano da Mantova, che comprendeva Bozzolo, Rivalta e Sabbioneta, ben lungi dall’essere quella che oggi conosciamo, o quella che non abbiamo mai conosciuto.

Crebbe in Spagna, alla corte di Carlo V, e alla severa scuola militare, che fece di lui un uomo d’armi, mai sovrastando però le sue innate doti di uomo di lettere e arti. Lo affascinava soprattutto l’architettura, in special modo quella delle fortificazioni militari, tanto che sarà lui stesso a disegnare le mura di Sabbioneta, quella singolare stella a sei punte. Ma non solo mura esterne. Sabbioneta si trasformò in un gioiello di architettura medioevale, che ha superato i secoli, giungendo fino a noi con quasi intatto splendore.

Qualche riga, scopiazzata qua e là, come potete immaginare, frutto di una recente visita che Encarnita e io ci siamo regalati, in un bel mercoledì di sole invernale. Un incanto. Giorno infrasettimanale (privilegio dei pensionati), pochissimi visitatori…extracomunitari (nel senso di turisti, talvolta beceri, caciaroni e invadenti), facile parcheggio. Abbiamo girovagato col naso all’insù, fra la Galleria degli Antichi e il «Corridor grande nella piazza del Castello» di Palazzo Giardino, che offre prospettive ammalianti, fra Palazzo Ducale e le belle chiese, perdendoci negli affreschi, nelle statue equestri rimaste, nelle pitture. E abbiamo chiuso la nostra visita, seduti a lungo, e affascinati, nel «Teatro di corte», una struttura unica, innovativa, realizzata da Vincenzo Scamozzi, e conclusa nel 1590. Unico, se non eleggi Patrimonio dell’umanità un edificio e un interno così, quale altro merita? Un teatro che, lo splendore ce l'ha di suo, ma necessita di ritrovare una vita culturale propria, come ebbe in passato, oggi invece appiattita da banali iniziative commercial-festaiole-matrimoniali.

Sabbioneta, riflessi di una umana sensibilità che ha fatto grande questa nostra terra italica. Siamo rimasti affascinati dall’insieme dei palazzi e delle loro architetture, ma non solo. Un edificio, la Sinagoga, ha acceso riflessioni. Una su tutte: a Sabbioneta esistette una comunità ebraica, ma Vespasiano Gonzaga non volle chiuderla nel ghetto, non è mai esistito il ghetto, gli ebrei erano inseriti nella comunità. Esempio di civiltà suprema. Inevitabilmente, il pensiero è andato ai tempi in cui viviamo, dominati da spregevoli individui che vogliono circondarci di «muri» e di «ghetti», siano essi in cemento armato o in parole e filosofie degradanti dei valori umani.

Vespasiano amava il bello, ma per amare il bello bisogna essere belli dentro. In una sua lettera al duca di Mantova scrisse con amarezza “…i poveri, che noi grandi fuggiamo come rifiuto delle creature di Dio…”. Al primo posto delle sue attenzioni e della sua politica collocò sempre la sua gente. Come dovrebbe fare un amministratore avveduto.

Annotazione finale da visitatori. Encarnita e io abbiamo apprezzato grandemente la cortesia, l’educazione, la competenza, i suggerimenti, di tutto il personale che abbiamo incontrato lungo il nostro percorso. Questi gioielli sono in buone mani.

Le foto (disponibili a questo indirizzo) che corredano queste righe sono state scattate da Encarnación Tamayo Nevado.

Ho fatto una cavolata...ho sgozzato mia moglie

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No. Non può essere vero. Mi rifiuto di crederci, è troppo grossa. I caramba hanno capito male, o hanno riferito male, o hanno usato un termine più edulcorato di quello realmente usato dall'omicida. Oppure il corrispondente locale ha voluto imbastire una frase ad effetto. E che effetto! Leggete questa notizia che ho trovato stamane:

VENEZIA - Un uomo questa notte ha ucciso la moglie a coltellate nell'abitazione in cui vivevano in piazza Mercato, a Marghera. La vittima si chiamava Claudia..., 51 anni. il marito Gianfranco ..., 43 anni, ha poi chiamato il 113 e si è costituito. L'omicidio è avvenuto in camera da letto: l'uomo ha acceso la luce, si è avvicinato alla donna con un coltello e l'ha sgozzata. Poi ha chiamato la polizia e lui stesso ha aperto la porta dell'abitazione dicendo agli agenti: "ho fatto una cavolata". Sia la vittima che il marito erano in cura da tempo presso il Centro di igiene mentale. I vicini raccontano che negli ultimi giorni le liti tra i due erano state frequenti. Entrambi non lavoravano e avevano una pensione di invalidità a causa del loro stato psichico.

Una cavolata! Ma ci rendiamo conto? Uno sgozza la moglie come un capretto (per carità, lasciamo in pace i capretti, soprattutto a Pasqua, altrimenti insorge la fulvocrinita e scosciata Brambilla) e poi, papale papale, commenta che ha fatto "una cavolata", cioè ha fatto cadere un soprammobile in salotto. Ma perchè meravigliarsi? Basta ricordarsi di quei due che diedero fuoco ad un povero clochard "perchè eravamo annoiati", oppure quell'altro che spara stile americano trumpiano su delle persone di pelle nera che manco conosce (ultimamente va molto di moda fra i seguaci di Selfini) "perchè volevo vendicare la mia amica...". Ecco dove ci hanno fatto arrivare, questo è l'attuale valore della vita. E, mi spaventa dirlo, credo che non siamo ancora al capolinea. Tranquillo capretto, se non sei nero, sei al sicuro.

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