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Virtus Lancio Story, e qualche altra storiella

Effetto moltiplicatore. Ho pubblicato in questo spazio una foto, reperto museale del mio archivio personale, di una delle prime edizioni del Virtus Lancio Story, una specie di allegro «amici miei» in chiave atletica, messo in scena ogni anno - adesso son 37 -  dai soci del club castenedolese che mettono a repentaglio giunture, legamenti, assetto delle vertebre, per tirare il più lontano (vicino?) possibile attrezzi che solo a guardarli incutono timore. Immediata la loro risposta alla mia provocazione: foto e ritagli di giornale sempre del tempo che fu sono usciti dall'archivio della Virtus. Spazzolata un po' di polvere che questo baratro temporale aveva depositato, eccole qui di seguito, a continuazione della «Operazione giovani di una volta». Chi erano gli uomini catapulta di allora? Nella foto di gruppo si riconoscono in piedi da sinistra: Egidio Sberna, Franco Rozzini, Gian Carlo Tisi, Erminio Rozzini, chi scrive queste note, poi Massimiliano Treccani; sotto, sempre da sinistra, Ennio Spranzi, Fabio Dalla Bona, Dario Badinelli, Giulio Lombardi che tiene sulle ginocchia una graziosa bimba con caschetto biondo, Gloria Rozzini, che poi, guarda caso, lancerà il martello con successo, e oggi, indiffaratissima ingegnere civile, è pure mamma di due belle bimbe per la gioia dei nonni Ionne e Erminio. Chiude un barbuto Renato Biatta, uno degli atleti più versatili che abbia incontrato nella mia lunga (troppo) frequentazione dell'atletica. Nell'altra devo subire lo sfottò di Erminio Rozzini che con il dito della mano destra indica che io sono stato battuto nel lancio del martello.

Guardare quel ritaglio mi ha fatto venire il magone. La pagina del «Giornale di Brescia» porta la data 6 novembre 1986, il «Lancio Story» era stato qualche giorno prima. Dopo la mia esibizione degna di una finale olimpica, partii per il Portogallo, destinazione Lisbona, dove la domenica 9, si sarebbe corso il Campionato del mondo 15 chilometri su strada per le donne, allora la distanza era quella. Tutto, arrivo e partenza, si svolgeva nella zona del Mosteiro dos Jerónimos, vicino alla Torre de Belém, luoghi simbolo dell'epoca de los descubrimientos, le grandi imprese di navigazione, Vasco da Gama e compagnia. Monumenti emblematici di quello che è stato chiamato «stile manuelino» in architettura. La corsa fu vinta dalla portoghese Aurora Cunha.

Il lunedi noleggiai un'auto e feci rotta su Nazaré, sull'Oceano Atlantico. In quella località si disputava ogni anno una mezza maratona con delle caratteristiche speciali, me ne aveva parlato un amico svizzero, Noël Tamini: ero curioso e avevo una idea. Passai per Coimbra, una delle più antiche università del mondo (1290), e, per caso (la mia faccia di bronzo), fui invitato a una cena di studenti che stavano celebrando (per tutta la notte) l'inizio dell'anno accademico. Al mattino, pieno di sonno e di vino di Porto, mi portarono a visitare la Biblioteca Joanina, una meraviglia barocca, e a comprare il tabarro tipico degli studenti di quella università (che conservo ancora). Con non poca fatica raggiunsi Nazarè e la domenica 16, dopo abbondanti libagioni di pesce stupendo e di Vinho Verde, assistetti alla Meia, la mezza maratona. Poi chiesi un incontro agli organizzatori e gettai le basi del «gemellaggio» fra la Meia da Nazaré e la Camináa di Navazzo, che sarebbe diventata Diecimiglia del Garda. Nel 1987 partimmo...il seguito fatevelo raccontare da qualcun altro.

Tornai a Brescia, dove, di lì a qualche giorno, venerdì 28, mi aspettava la presentazione del libro del centenario della Società Ginnastica Forza e Costanza 1886, libro che mi aveva impegnato duramente, e che solo con la preziosa collaborazione del mio amico Alberto Zanetti Lorenzetti riuscii a portare alla stampa. Ma non solo Alberto fu determinante: senza la professionalità di Martino Gerevini, direttore della Tipografia Apollonio, né lui né io ce l'avremmo fatta. E invece arrivammo alla sera della celebrazione dei 100 anni nel salone dell'Hotel Vittoria con il nostro bel libro e con tanta commozione. L'anno successivo la pubblicazione ricevette uno dei premi del Concorso letterario del Comitato olimpico italiano.

Che novembre fu quel novembre! Per me.


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