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L'Avocatt in bicicletta - Il romanzo di cinquant'anni di ciclismo nel racconto di Eberardo Pavesi

 


SPORT Ciclismo 
AUTORE Gianni Brera, prefazione Paolo Brera, postfazione di Orio Vergani
EDITORE BookTime - Milano - prima edizione nella Collana "I libri di Gianni Brera" luglio 2011 - www.booktime.it
CONTENUTO È un romanzo per davvero, il sottotitolo è perfetto. Questo libro si legge come un romanzo, sia per il contenuto - il ciclismo eroico tra fine Ottocento e primi Novecento - sia per la scrittura. Stiamo parlando di Gianni Brera non di Cacafusi. Scrivere in questa maniera, raccontare, far rivivere le atmosfere di un tempo lontano e polveroso, la polvere delle strade, è un dono che posseggono in pochi. Oggi poi, merce quasi introvabile. La perfetta simbiosi di lingua italiana e parlata lombarda, della quale quasi non t'accorgi, rende la lettura godibilissima. Svetta questo straordinario personaggio che fu Eberardo Pavesi, scomparso nel 1974, lombardo nato a Colturano, una cascina posta fra Pavia, Lodi e Milano, che, scrive Brera, "fanno triangolo in pianura e sono il cuore della Lombardia". Suo padre, giovanissimo, lasciò la natia cascina e cercò lavoro a Milano. Fece il fornaio, mestiere che andava di moda a quei tempi, ricordare Dorando Pietri, garzone di fornaio nella bella piazza di Carpi. Quando ebbe i danè, aprì la sua bottega, in periferia. Le michette non fanno per il giovane Eberardo. "Vidi il primo velocipede a nove anni in corso Lodi", una folgorazione. "Penso che in fine Ottocento la bicicletta dovesse accendere i sogni dei ragazzi come oggi il più perfetto degli ultrasonici. Nasceva allora, con l'industria e i primi cavurrini da spendere, la cavalleria dei poveri e mia grande ambizione era di esserne paladino".

Il romanzo si srotola come una matassa di filo. Si vivono le atmosfere del tempo, stessa sensazione che mi diede la lettura in francese - una fatica...- di un bellissimo libro di Jean-Paul Vespini sul primo Tour de France del 1903. La vecchia Milano, il club del Granida, venditore di cocco fresco e di acqua e anice nella antica Piazza d'Armi, che fu il primo organizzatore di corse, la Raleigh da sessanta lire, prima bici (1897) di Pavesi, "pesava sedici chili, verniciata di rosso, la sella a culdicavagno, il manubrio diritto come un cavicchio". Poi venne una Pirovano. Galleria di varia umanità: il muratore, un magutt, Luison Ganna, Carlo Galetti, Cuniolo, Giovanni Gerbi, il primo "campionissimo" del ciclismo italiano, Parini, Azzini,  le grandi marche che nascono, Marchand, Bianchi, Atala, si rivede il ciclodromo di via Canova, e "tutti i muratori, panettieri, ortolani, apprendisti tipografi, garzoni di macelleria" (dalla postfazione di Orio Vergani), i bulli e bauscia, brava gente che aveva arie gradasse.

Eberardo ha gambe ma anche cervello fino. Perchè "l'Avocatt"? Fu il primo vero direttore sportivo pur stando in bicicletta. Trattava per i compagni con gli organizzatori, con le case costruttrici, con i corridori delle altre squadre quando c'era da "combinare"...e con lui di mezzo scherzi non c'erano. Scrisse Orio Vergani:"...un avvocato dal nome raro e altisonante come quello di un personaggio da romanzo di cappa e spada...". Quando scese di bicicletta salì su una vettura che nel ciclismo chiamano "ammiraglia" e fu l'ammiraglio di Binda, di Coppi, di Bartali, veri e propri idoli di folle osannanti.

UNA FRASE "La vera classe del campione non nasce né dai muscoli soli né, per altro, dalla sola intelligenza. Viene espresso al contrario da questi fattori uniti, oltreché dalla calma, dalla fiducia in sé medesimi".
ACQUISIZIONE Comprato, Euro 11,90, con la Feltrinelli www.lafeltrinelli.it
ANNOTAZIONI Gianni Brera scrisse questo libro nel 1954, editrice "La Gazzetta dello Sport". Con il titolo "Addio, bicicletta" fu ripubblicto da Longanesi. Merito di BookTime aver riproposto questo bel libro, e tutti gli altri di Brera.

 

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