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Salviamo i libri dai nuovi barbari, come? leggendo

Di Paolo Giordano acquistai, è ormai qualche anno, "La solitudine dei numeri primi", su suggerimento del mio amico Maurizio Damilano. Sarei un bugiardo se dicessi che l'ho letto. L'ho iniziato, ne ho letto una parte, poi l'ho lasciato. Non che non mi piacesse, ma, a giustificazione, adduco il mio modo compulsivo di leggere, salto di qua e di là, torno indietro, abbandono e riprendo, riparto dall'inizio. E in mezzo ai libri, giornali e riviste. In ogni caso, leggo.

Sabato 24 giugno, sulle pagine "Milano Cultura" de "La Repubblica" (pagina XV) ho letto una frase che ha richiamato la mia attenzione e mi ha fatto venir voglia di andare a ripescare il libro di Giordano nelle decine di scatoloni che ingombrano un piano della mia attuale casa, dopo l'ennesimo faticoso e forzato trasloco dal Principato di Monaco al Principato di Navazzo. E ringraziando il cielo che ho persone che mi vogliono bene che mi hanno aiutato.

Nella intervista condotta da Annarita Briganti, lo scrittore (laureato in fisica, nientedimeno) alla domanda "qual è il gesto più coraggioso, oggi?", risponde:"Continuare a essere lettori. I libri ci permettono di avere una dimensione diversa del fluire del tempo, che non dev'essere per forza istantaneo, che non è fatto per essere resettato in continuazione come avviene in rete. Tutti quelli che investono in attività così "fuori sincrono" mi danno grande speranza per il futuro".

Di fronte a questa nuova barbarie di bruciare tutto subito, di non approfondire, di questo imperante analfabetismo di cui è grandemente complice l'uso dissennato di strumenti tecnici, in primis il telefono portatile e i suoi cosiddetti "messaggini", i pollici alzati o riversi per significare  adesione o rifiuto senza spiegare perchè mi piace o non mi piace qualcosa, i giornali sempre scritti peggio, i giornalisti fautori del "massimo 30 - 40 righe" perchè secondo loro la gente non legge, ma non dicono che sono loro che non hanno voglia di scrivere. E così giornali se ne vendono sempre meno, e, quanto ai libri, se ne producono sempre di più ma il numero dei lettori non aumenta. Tutto polverizzato, miniaturizzato, ridotto a sincopati sussulti inespressivi.

"I libri ci salveranno", recita il titolo della intervista di Annarita Briganti. Dio voglia che sia vero.

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