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Bianchi, neri, ma dei gialli e rossi che famo?

Ho scelto volutamente la copertina dell'ultimo numero dell'ironico "Trekkenfild", creato, sostenuto, diffuso dagli amici Daniele Perboni e Walter Brambilla (se volete leggere i contenuti mettete il cursore sulla copertina e schiacciate il vostro tasto). Copertina riservata al velocista Filippo Tortu, del quale ormai chi segue l'atletica conosce tutto e più di tutto, familiari compresi. Quello che sto per mettere su foglio virtuale non intacca minimamente il valore di questo giovane atleta, cui auguro ogni successo, e che sia grande possibilmente. Non ho mai avuto occasione di conoscerlo, di parlargli, l'ho visto correre, era ragazzino, solamente in alcune competizioni internazionali, dove venivo trasportato dal mio ruolo alla Federazione internazionale di atletica che mi elargiva graziosamente la paga: ricordo Nanjing 2014 per i Giochi Olimpici dei giovani, Nassau (staffette) e Bydgoszcz (Campionati mondiali U20, secondo nei 100 metri).  Sia gloria dunque all'eroe del momento, ma qualche considerazione la voglio fare, a modo mio.

Sembra quasi che l'aver sostituito il nome di Pietro Paolo Mennea con quello di Filippo Tortu nella tabella del primato dei 100 metri sia per taluni (tutti? molti?) un sollievo. Due annotazioni. Cercate di non dimenticare che dal 10.01 del barlettano al 9.99 attuale sono trascorsi non due centesimi di secondo ma ben 39 anni. In quasi quattro decadi che cosa è successo? Una delle lezioni che ho appreso da quello che considero il mio maestro di atletica, Bruno Bonomelli, era quella che dichiarava fiducia nel "progresso dell'uomo", che vale non solo nello sport. Chiedo: in questi 39 anni il progresso della velocità italiana dove è stato? Mi pare assolutamente normale che dopo tanto tempo si riprenda a girare le lancette dell'orologio che si erano fermate a quel 4 settembre 1979. Fatemi dire (tanto lo dico lo stesso) con orgoglio che quel giorno Ottavio Castellini era là, sulla tribuna dello Estadio Universitario di México City, quello dove si celebrarono i Giochi Olimpici del 1968, era là a sue spese e con i suoi giorni di ferie pur essendo in pianta stabile nella redazione sportiva di un quotidiano. Ebbene sì, dovevo dirlo. Domandina: visto che Tortu è il prezioso gioiello del nostro sport in questo momento, quanti inviati, pagati dai loro fogli, c'erano a Madrid in occasione del 9.99? Eppure Tortu aveva già corso in 10.04, 10.03...Trionfo del giornalismo sedentario e di quello copia - incolla, tanto c'è Internet...

Sapete che cosa mi scatena una orticaria nervosa insopportabile? Il leggere che nella lista degli atleti che sono scesi sotto il limite dei 10 secondi (10.00 in versione elettrica, quella sola che ormai vale dal 1° gennaio 1977) Tortu è "il quarto bianco". Una fesseria di portata colossale! Che cosa c'entra essere bianco rosso giallo verde (gli omini extraterrestri)? È una forma di razzismo come tutte le altre, come quelle contro i rom, gli extracomunitari, come lo era contro gli italiani (quasi 4 milioni, lo sapranno i nostri ignoranti finti governanti?) che sbarcarono in America del Nord fra fine 800 e primi 900 e venivano segregati in quarantena a Ellis Island, l'Isola delle Lacrime, di fronte a New York: sapete quanti ne sono annegati nella New York Bay quando gli occhiuti poliziotti yankee li volevano rispedire in Italia? I vari mari nostrum attorno al mondo sono lastricati di morti. La storia si ripete, diceva Gianbattista Vico. Razzismo sportivo idiota, uno corre che sia bianco o nero, e se va forte va forte. Prendo la maratona che nel cuor mi sta: Gelindo Bordin, Stefano Baldini, Orlando Pizzolato, Gianni Poli, Giacomo Leone, bianchissimi hanno smazzolato i famosi corridori neri degli Altipiani. Altrimenti d'ora in poi bisognerà indicare il primo dei gialli, che poi proprio gialli non sono; oppure il primo dei rossi, se sulla scena compare uno sprinter erede dei Sioux o dei Comanche o degli Apache di Cochise. 

Si vede che per chi riempie pezzi di carta questo richiamo del "primo terzo quarto dei bianchi" è superiore alla volontà di ragionare. Storia vecchia, perfino Gianni Brera, in un articolo sui Campionati italiani del 1946 scrisse:"Monti ad ogni modo è il secondo bianco europeo nei 200 (il negro Mac Donald Bailey....)". Per non dire di quante volte nella mia troppo lunga frequentazione di competizioni atletiche ho sentito velocisti (spalleggiati da interessati allenatori) della nostra allungata penisola affermare con esagerato orgoglio:"Sono il primo dei bianchi", al massimo erano entrati in una semifinale, onorevole, per carità. Ultimo dato: il bravo Filippo è il numero 134 nella elencazione di bipedi veloci formato tecnicolor.

Lunedi 2 luglio una foto a colori (non poteva essere in bianco e nero, non avrebbe reso bene) ha fatto il periplo dei media (dire giornali non fa fine) di ogni specie e sottospecie. Fissava i sorrisi di quattro ragazze con la maglia azzurra della Nazionale di atletica leggera che ai Giochi del Mediterraneo (una delle tante manifestazioni sportive inutili e anacronistiche) aveva vinto la staffeta 4 per 400 metri. Raphaela Lukudo, Maria Benedicta Chigbolu, Libania Grenot e Ayomide Folorunso. Italiane. Il quotidiano "la Repubblica" ha messo la foto in prima pagina. Poi ha toppato: all'interno la stessa fotina formato francobollo e quattro righe striminzite. E intanto giù cinquettii, polemiche, democratici contro forcaioli, e una immonda orgia di commenti "politici", da destra e da sinistra, da individui che sicuramente non sanno neppure cosa sia una staffetta, non l'hanno mai saputo e non gliene frega niente di saperlo. Ma era una occasione straordinaria per farsi le loro ridicole menelle di pollaio, appropriandosi di queste quattro signorine, anche questa è violenza, psicologica. Chiedo una volta ancora soccorso al mio amico Ersilio Motta che spesso ricorreva a questa frase:" Quello lì ha la faccia foderata di pelle di culo". Quanti pochi volti vediamo e quanti milioni di culi siamo costretti a vedere oggidì.

La frase più bella? Quella di Maria Benedicta Chigbolu:" Non ci siamo accorte di essere quattro nere". Stanotte ho fatto un sogno. Ho sognato che Filippo Tortu nella prossima intervista, alla ennesima affermazione che lui è "il numero ...dei velocisti bianchi", risponda:"Non mi sono accorto di essere bianco". Come rispose Pietro Paolo Mennea a scemenza analoga:"Sono bianco di fuori ma nero di dentro". Pietro era una persona intelligente.

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