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Pensieri (degli altri), che servono a noi

Popolo di santi, poeti e navigatori...avevamo perduto per strada gli eroi, l'articolo non andava più di moda, adesso il virus li ha riportati in auge. Io vorrei però dire a medici, infermieri, operatori delle ambulanze, volontari, non fatevi illusioni: oggi tutti vi chiamano eroi, domani finita l'emergenza, le bestie di cui si è andato popolando il nostro allungato stivale riprenderanno ad aggredirvi nel pronto soccorso, devasteranno i vostri locali, vi chiameranno assassini. Un' altra categoria tornata in auge, molto più degli operatori sanitari, è quella dei musici, quelli da balcone, da terrazza, da piazza. Suonatori di trombe, trombette e tromboni, violini, violoncelli e viole d'amore, l'Inno di Mameli - che tempo fa qualcuno voleva cancellare - ormai è il più gettonato, storpiato e stonato, al garrire del Tricolore, come non avveniva più dagli ultimi mondiali della pedata (quelli vinti, perchè quelli persi non meritano né inno né tricolore ma solo insulti a giocatori e allenatore). E poi i cantanti, e te pareva: Bocelli, del tutto casualmente, improvvisa (? le telecamere erano lì, per caso) un concerto lirico in Piazza del Duomo, e allora il melodico con l'immancabile cappelletto bianco en coppa canta anche lui, attentissimo a farsi riprendere. Non sarebbe ora di smetterla? Il troppo stroppia.

Facciamo un po' silenzio e riflettiamo su quello che ci è franato sulla testa e, ancor più, su quello che ci aspetta. Chiudiamo gli a-social (visto che non li chiudono coloro che con questi strumenti fanno i miliardi di dollari a palate) e non ascoltiamo le bestie ringhiose che li popolano, e li popoleranno, perchè non cambierà assolutamente nulla nel 2021, 2022, 2035, 2052. Ascoltiamo invece la voce del silenzio. E per ascoltarla, il  miglior modo è la lettura. 

Mi permetto di trascrivere brani di opinioni che ho incontrato leggendo. Voi fatene quel che volete.

Il vuoto e il pieno, di Marco Damilano, direttore de «L'Espresso» - "...quando verrà il tempo della ricostruzione, non sarà il tempo dei tecnici, ma dei servitori civili che abbiano un'idea dello Stato e della società, che sappiano curare e risanare le ferite di una nazione oggi preoccupata e civile, domani disperata e rabbiosa. Una classe dirigente, non un solo leader, che sappia parlare davanti a una piazza vuota. Che sappia abitare il paesaggio da ripopolare con la stessa dignità dimostrata dagli italiani in questi giorni, Che dimostri un frammento di coraggio e il senso di umanità che accumuna chi lotta per non morire e chi aiuta a vivere negli ospedali di Bergamo, Brescia, Piacenza, e nelle terre d'Italia. Quella stretta di mano  (allude alla copertina della rivista fatta con una emozionante foto di Sergio Ramazzotti, n.d.r.) è un patto che stipuliamo e che non dovremo tradire. Nelle nostre mani".

Voglia di dopo, da una intervista a Ilvo Diamanti, docente all'Università di Urbino: "...in democrazia non si può rinunciare alle autorità centrali.Non dico in determinati momenti ma anche per determinate materie. Questo sta emergendo in modo chiaro. Oggi il ruolo delle autorità centrali, a prescindere dalla loro qualità, viene valorizzato. Rischiamo di rimettere in discussione la democrazia liberale".

Voglia di dopo, da una intervista a Nando Pagnoncelli, presidente IPSOS, ricerche di mercato e sondaggi sull'opinione pubblica: "Oggi ci si chiede: dove è lo Stato? E non: dove è la mia Regione?...la questione dell'uomo forte di cui si rivendica il decisionismo...Da Craxi in poi per arrivare fino a Renzi si adora l'uomo forte. Ma se non decide quello che vuoi tu l'uomo forte diventa autoritario e non piace più...".

Alla prossima.


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