Fare giornalismo sportivo al tempo del virus

Era un argomento che avevamo già sfiorato tempo fa: sport e giornalismo sportivo di questi tempi, mi verrebbe da dire: virus o non virus. Daniele Poto, di cui, forse, avrete già letto altre opinioni in questo spazio, mi ha proposto un suo commento. Eccolo qui sotto. Chi avesse qualcosa da commentare, si senta libero di farlo. Valgono le regole d'ingaggio di sempre: rispetto, ammessa l'ironia, perfino il sarcasmo, non ammesso l'insulto, opinioni contrarie? quante ne volete. Se ne avete voglia...il tempo non dovrebbe mancare... 

Dura la vita del giornalista sportivo quando ti mancano eventi da presentare, cronache da commentare, polemiche da sviluppare. Il “se non era quando” di leviana memoria rintocca da un paio di mesi per inseguimenti virtuali alla realtà fatte di cronache che verrebbe voglia di definire “marziane”. Si sa, la stampa scritta ha i giorni contati e il coronavirus ha accentuato il trend di svilimento di un prodotto meno che mai indispensabile perché imbattutosi progressivamente nella feroce concorrenza di tivù, Internet, blog, e anche di quelle fake news che invece raramente transitano sui giornali.

Nel microcosmo della stampa sportiva oggi gli eventi sono il Giro d’Italia sui rulli, in cui una squadra (l’Astana) conclude con un’ora di vantaggio sulla più immediata inseguitrice (il che la dice lunga sulla validità tecnica dell’evento) o la gara di salto con l’asta nel giardino di casa dei principali specialisti del mondo, per l’occasione auto-degradati di un metro. Il contenitore è una ribollita di temi stantii ma che dovrebbero avvincere. Il lettore dovrebbe appassionarsi ai seguenti temi: se Ibrahimovic ritroverà il Milan? se Higuain tornerà mai in Italia? perché Berrettini non vuole donare la sua quota parte ai tennisti più indietro in classifica? Non vorremmo essere sacrileghi ma l’oroscopo degli sportivi diventa un elemento trainante del palinsesto di giornata, mentre tra i programmi sportivi di Sky e Rai Sport le repliche revival riproducono uno sport che, se non proprio morto, da troppo tempo è ai box di una partenza che non scatta mai.

Sono quotidiani fatti di pagine semplicemente sfogliate, in cui basta leggere il titolo per capire l’insipiente antifona. Eppure bisogna tener botta mentre la stampa indietreggia per numero di copie e vede messa in crisi la cronologia degli eventi principali. Non è solo un calendario 2020 sconvolto, partendo da Sua Maestà il calcio, ma anche una aspettativa 2021 ancora molto temeraria visti i dubbi che s’insinuano persino sul regolare svolgimento dell’Olimpiade di Tokyo differita di un anno. Dunque ci si arrangia, magari lavorando da casa, con scarso coordinamento degli sforzi. E dato che ormai da tempo in questo orticello non è più tempo di inchieste e di opinioni ci si barcamena con le rievocazioni e con le monografie dei personaggi appigliandosi a un futile titolo che giustifichi una pagina d’intervista a Tortu, alla Pellegrini, a Nibali (citiamo personaggi ripetutamente gettonati come costanti ancore di salvezza per riempire gli spazi).

La seduzione della virtualità investe il mercato del calcio con un ossimoro sempre più contradditorio. Da una parte c’è sempre più crisi economica, dall’altra il contraltare è sviluppare il possibile miraggio dell’acquisizione da parte della società italiane di costosissimi campioni come Messi o Pogba. Il tifoso più che mai va ammaliato e coccolato in attesa di una ripresa a pieno tempo.

È la stampa bellezza? Verrebbe voglia di rovesciare l’adagio cinematografico. “Che brutta e inevitabile stampa nei tempi del coronavirus”. Intanto avvengono fatti che turbano e destabilizzano. Maurizio Molinari, dopo aver portato a un brusco tracollo il numero delle copie vendute de «La Stampa», si trasferisce a «Repubblica» (per continuare su quel trend) dopo il poco elegante siluramento di Carlo Verdelli (breve il suo regno), mentre Urbano Cairo dipinge l’impero delle proprie testate in crisi anche se i conti indicherebbero una congrua prosperità. Segnali scricchiolanti da un mondo in decadenza dove non ci si illude più sull’esistenza in vita di editori puri, compreso De Benedetti che prepara «Domani», nuova testata pronta in autunno.