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La pruderie dei cantanti omosessuali

Argomento poco frequentato quello che ci propone stavolta Daniele Poto, per la serie dei suoi «commenti velenosi» o «politicamente scorretti» come li chiama lui. Argomento che ancor oggi suscita reazioni scomposte e battutacce da caserma di infima cultura. Di che si tratta? Della omosessualità. Daniele ci porta nel mondo della canzone italiana, e vi lascio leggere, se volete. Da parte mia un solo commento: non sopporto assolutamente che la omosessualità sbattuta in faccia come se fosse un elemento distintivo di una persona. Al pari del uno è alto o basso, biondo o castano, bianco o nero. Quando leggo che «tizio/tizia ha fatto outing...», oppure «tizio/tizia omossesuale/lesbica dichiarato/dichiarata...», mi chiedo «machissenefrega». L'essere omosessuali - tra l'altro condizione intrinseca dell'essere umano dalla sua apparizione sulla terra - fa parte di una radice profonda dell'essere di ciascuno. Non c'è, secondo me, nessun bisogno di dichiararlo, ma libero, comunque, ciascuno di comportarsi come vuole, lo vuol far sapere, lo faccia. Quello che mi inquieta è che sia un pirla di giornalista a entrare in questa sfera privatissima con una sottolineatura totalmente superflua. Ho avuto amici e conoscenti che hanno fatto del sesso etero la bandiera della loro vita, gloriandosi di una continuità e di una frequenza di rapporti sessuali da libro Guinness, settantenni e ottantenni che si sono imbottiti di Viagra per poter annunciare agli altri più che a se stessi che «ne avevano fatta una...». Oppure signore pari età che frequentano speciali club per donne ancora assatanate. Allora di costoro cosa si dovrebbe scrivere? «Scopatore/Scopatrice incallito/a»? Lasciamo che ognuno dentro le lenzuola faccia quel che più gli piace. E, soprattutto, non riduciamo tutto al sesso. Esiste anche altro.

E adesso Daniele Poto.

Sono numerosi, assecondanti una vocazione artistica comprovata dalla storia della canzone, gli interpreti di tendenze omosessuali: Lucio Dalla, Umberto Bindi, Tiziano Ferro, Mahmood, Gianna Nannini, Marco Carta, Giuni Russo. Perché questa preferenza sessuale viene sempre tradita dalla poetica delle loro canzoni, ricondotta immancabilmente alla dialettica uomo-donna con le sue infinite sfumature? Sessuofobi od omofobi, possibile proprio loro?  Non si scappa dal rassicurante, dal trend tradizionale anche se i soggetti in questione sono cantautori e dovrebbero obbedire a pulsioni e ispirazioni personali.

Invece le esigenze commerciali rendono tutti schizofrenici. Un Gino Paoli (che beninteso è tutt’altro che gay) fa fatica a confermare che “Il cielo in una stanza” è nato dall’incontro con una prostituta e che “Sapore di sale” fu ispirata dal desiderio per l’allora splendida minorenne (quindicenne) Stefania Sandrelli (ora nelle interviste ha virato su Ursula Andress). C’è chi ha fatto outing e chi no, chi vive in clandestinità e per questo ha pagato un enorme pegno al pregiudizio sociale (vedi Bindi, messo all’indice a un certo punto della propria parabola, i tempi non erano maturi). Tra loro c’è chi si sposa civilmente e chi ci tiene alla propria vita privata. Ma in comune hanno questo oscuramento della personalità. Perché i testi delle canzoni sono piattamente di tematica eterosessuale come se non ci si potesse sottrarre ai gusti correnti.

Eppure qualcuno sostiene che i gay fanno tendenza e persino lobby, neanche fossero massoni o ebrei. Come se il mondo della musica fosse omologabile a quello della moda. Dunque i cantanti sono bacchettoni, ortodossamente tradizionali né più né meno di chi ha gusti maggioritari. Conservatori o timidi? Ha ragione Fulvio Abbate quando con un doppio salto mortale si dichiara contrario al divorzio tra gay, scavalcando quel dibattito sul matrimonio che ormai è merce banalmente comune, logorata dai tempi. I cantanti gay non si sentono ancora abbastanza forti per ripercorre il cammino di Fassbinder nel cinema, di Lindsay Kemp nella danza, di Luxuria o Platinette nella vita di tutti i giorni o perlomeno velare i propri pezzi di ambiguità come qualche coraggiosa anticipatrice dei tempi come Patty Pravo (legami multipli, anche a tre, vedi “Pensiero Stupendo”) o Ornella Vanoni, cantore di una diffusa ninfomania.

Nel mondo dello spettacolo gli ossimori si sprecano. Eva Grimaldi, immaginario erotico di un’intera generazione di uomini oggi cinquantenni, ha coronato il proprio sogno d’amore, sposando una donna. A dimostrazione della potenza smisurata di un immaginario capace sempre di travalicare il reale, deformandolo. Era immaginaria l’omosessualità di Renato Zero, una necessità scenica? La sentenza - poco ardua in verità - la lasciamo ai posteri. L’omosessualità di Malgioglio (“Gelato al cioccolato”, regalata a Pupo) e di Ivan Cattaneo è invece sotto gli occhi di tutti.  Onore al merito dunque di una giovane cantante come Giordana Angi che non teme di essere divisiva e proclama la sua omosessualità e la manifesta nei testi delle proprie canzoni. Quando parla di “fare l’amore” si riferisce a una “lei” che ha quasi nome e cognome e che è la sua compagna. Un’eccezione in un mondo di cantanti omosessuali di raro conformismo.

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