Molto rumore per nulla. È sempre esistito

Much Ado About Nothing, titolo originale inglese che noi traduciamo in «Molto rumore per nulla». Commedia scritta fra il 1598 e il 1599, ambientata a Messina. La scrisse William che ci siamo abituati a chiamare Shakespeare, ma Dio sa come si chiamava veramente. Son passati oltre quattro secoli ma nulla è cambiato nella arruffata natura umana. Semmai è cambiata in peggio, grazie anche a degli stupidi giocattoli che i furbi hanno costruito per farci diventare ancor più stupidi di quanto già siamo da soli. I furbi accumulano miliardi di dollari, euro, adesso bitcoin (altra diavoleria per rendere i poveri sempre più poveri e i ricchi sempre più ricchi), mentre una moltitudine sempre più numerosa di topi rimbambiti seguono il furbo pifferaio magico. Ormai si vive, ci si alimenta, solo di stupide polemiche, per di più create (ad arte) da altri. Non sapendo neppure bene chi le ha ideate, fomentate, diffuse. Se chiedi: ma chi ha detto 'sta minchiata? scopri che il fruttivendolo ha rivelato al volgo la verità sui vaccini che ha letto sul blog del calzolaio; la saccente salumiera parla di giornalismo e di giornalisti come se avesse diretto per trent'anni il «Washington Post» e invece da trent'anni non sfoglia un giornale; i quattro bevitori seriali del bar accanto fanno a gara, tra un bianchino e l'altro, a chi le spara più grosse. Lo vedo l'amico Bill di Stratford-on-Avon che se la ride con le lacrime agli occhi, lui, il furbacchione, lo aveva scritto nel 1599, prendete il pallottoliere e contate quanti anni son passati. E dove aveva ambientato la commedia? A Messina. A Messina, Italia. Sarà un caso?

Adesso vi lascio a Daniele Poto che ci racconta un paio di recenti esempi di molto rumore per nulla.

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Jep Gambardella ne «La Grande bellezza»: “La vita è troppo breve per perdere tempo con le cose che non mi va di fare”. Al contrario per la gran parte dell’umanità social il passatempo preferito è sporcare le polemiche con altre polemiche disenergizzanti che non hanno motivo di essere: fabbricate sul nulla. Citiamo due querelle recenti che ci hanno colpito e che evidenziano la radice e il probabile stigma del fenomeno. Annalisa Cuzzocrea, notista politico di «laRepubblica», si diffonde in un articolo sull’abbigliamento di Giorgia Meloni attribuendole un vestito nero. La Meloni, piccata (evidentemente per la coda di paglia dell’accostamento “nero eguale fascismo”) rimbecca: “Dovrò regalare un paio di occhiali a questa giornalista. Il mio vestito era blu scuro”. Potete immaginare che comodo innesco per gli hater. Sul colore di un vestito si riversano malanimo e antichi rancori. Ne facciamo un talk show con rissa in diretta magari facendo intervenire Sgarbi?  I social della Cuzzocrea vengono invasi da insulti, spesso anonimi. Il giorno dopo il Comitato di Redazione di «laRepubblica» emette un comunicato di solidarietà alla collega che va vicino all’attribuzione di una scorta. Tanto rumore sul nonnulla? Sono questi i grandi temi della politica italiana? Ma la metafora allude allo stallo di una politica che si fa sempre meno amare (vedi demoralizzante percentuale di votanti alle recenti elezioni amministrative) e che litiga su temi piccoli (con tutto il rispetto, il provvedimento Zan) e invece è bendata rispetto alla povertà, al generale arretramento delle condizioni di vita della popolazione. Un Paese alle prese con 5,5 milioni di poveri “assoluti” e 12 milioni di poveri relativi si percuote il petto per i diritti civili (ripetiamo, con tutto il rispetto) secondari.

Ma veniamo a un secondo grande tema di discussione. Il prof. Barbero, stimato storico e affabulatore, concede un’intervista a cuore aperto a «La Stampa» dove discetta della condizione femminile della donna in Italia. Infila tutti concetti politicamente corretti (pari opportunità, arretramento della parità, mancata salvaguardia della maternità) e si concede solo un piccola dubbio. “Non sarà che molti soggetti femminili sono troppo timidi nel riaffermare i propri diritti?”. Apriti cielo! Gli danno addosso le proto-femministe, i benpensanti, i critici da salotto. Vogliamo affermare che le donne in Italia sono tutte emancipate da nord a sud e pienamente consapevoli delle necessità di una perequazione? Naturalmente anche per Barbero vale la massima che riguarda tutti i personaggi popolari: “Se vieni intervistato una volta al giorno finirai per dire comunque qualche fesseria”. Da Einstein a Barbero. Ma non è questo il caso. Barbero ha detto una cosa giusta.

Piuttosto ci piace molto una frase di Pier Luigi Bersani che con le sue metafore spesso ci azzecca. Riguardo alla posizione iconoclasta di Cacciari sui vaccini è stato fulminante. “A riguardo basterebbe che Cacciari usassse un po’ meno la propria intelligenza…”. Ben detto.