Musica all'Olimpico, atletica al Guidobaldi

Non mi occupo più di atletica attuale da qualche anno. Non ne so proprio più nulla: non ho televisione (da 33 anni), non leggo la «Gazzetta dello Sport» se non molto saltuariamente. Sarà forse una crisi di rigetto dopo aver occupato (sprecato?) tanta parte della mia vita a osservare, commentare, scrivere, compilare, organizzare, dentro alcune istituzioni sportive. Troppo tempo, troppo coinvolgimento, troppo di tutto. L'unica cosa positiva: l'atletica mi hanno dato da vivere, perchè ho lavorato per questo sport, prima da scribacchino, poi da dirigente della Federazione nazionale, poi di quella internazionale. Mi pare di sentire la voce del coro: e ti lamenti? Poteva andare peggio, ma poteva andare anche meglio.

Nonostante questo mio imposto isolamento, di tanto in tanto c'è qualcuno che mi racconta «cose» dei Palazzi sportivi. Ascolto, spesso non mi fa nè caldo nè freddo. Come in questo caso, amici del «giglio magico» sportivo romano mi avevano raccontato 'sta storia dei Campionati italiani assoluti di atletica sui quali pare ci sia stato un pateracchio: la Federatletica annuncia i detti Campionati allo Stadio Olimpico, i gestori dell'impianto smentiscono questa possibilità asserendo che il prezioso involucro era già stato assegnato alla lucrativa organizzazione di un concerto musicale. Raccontata così ha tutte le caratteristiche di una figura barbina da parte di sprovveduti dirigenti federali. Mah, sarà andata proprio così? Poco m'importa.

Adesso arriva il mio amico Daniele Poto che ci racconta la storiella. Leggiamolo. Per parte mia solo una osservazione: l'aver spostato la massima rassegna atletica nazionale da Roma a Rieti non è una diminutio. Lo Stadio Giudobaldi (nella foto) è stato un tempio dove si sono officiati grandi Ludi atletici, sotto il regno di Alessandro I Parvus de Jovaneliana Gens. E poi, ma sei sicuro Daniele che l'anfiteatro olimpico romano con i suoi 65mila posti abbia la dimensione giusta per un Campionato, nel quale, magari, i migliori non andrebbero...perchè in tutt'altre faccende affaccendati. Resta, se è andata come dicono, la poco edificante situazione di scollamento fra istituzioni.

Campionati di atletica sloggiati da Roma (con tutto il rispetto per Rieti)

In capo a quasi cinquanta anni di professione non ci meravigliamo più di niente. Dunque perché stupirsi se gli Assoluti di atletica d’emblè, con la stessa leggerezza con cui si sfoglia un giornale, vengono spostati da Roma a Rieti, tornando alla piccola dimensione pre-nebioliana dell’atletica provinciale. E quale il grande evento che ha provocato il trasferimento mentre già si ammaina in loco già da tempo il progetto, ventilato proditoriamente e subito ritirato, di far correre Jacobs sui luoghi storici dei Fori Imperiali? Il concerto di Cesare Cremonini, con tutto il rispetto non Vasco Rossi o gli U2. L’Olimpico era quello stadio che una volta si riempiva per i Campionati Studenteschi, che si apriva per i Giochi della Gioventù, che ha offerta recentemente ospitalità all’arrivo della meritoria «Corsa di Miguel», ma che ultimamente ha qualche problema a gestire il Golden Gala e a regalare enfasi, con gli Assoluti, a quell’atletica che è l’attuale vanto dello sport italiano con i cinque magnifici indimenticati ori della rassegna olimpica di Tokyo.

Dunque, dalla potenzialità di pubblico di 65.000 anime, si passerà al piccolo profilo nella cittadina sabina che ha cancellato il proprio meeting foriero di tanti record mondiali. Il focus è l’occasione per riflettere sulla disastrosa condizione degli impianti della capitale. La fotografia sull’esistente documenta una situazione depressogena che ci porta a invidiare quanto offriva Roma all’altezza dell’Olimpiade di Roma. E parliamo del 1960. Pezzo a pezzo abbiamo cancellato lo Stadio Flaminio, il Palazzetto dello Sport, il Velodromo Olimpico, mentre il Palazzo dello Sport dell’Eur, non più Lottomatica, rimane isolato, come una sorta di costosissima cattedrale nel deserto.

La nuova amministrazione Gualtieri ha provveduto a un’anagrafe dell’esistente. E le conclusioni sono meste. Su 119 strutture capitoline solo 45 sono a norma. E per le inadempienti non è solo una questione di mancanza di uscite di sicurezza o altro. Ci sono impianti completamente in abbandono, quando non addirittura vandalizzati. L’esempio classico è quell'oasi di rugby inaugurata poco tempo fa Spinaceto: oggi una visione imbarazzante. Il sindaco di Roma ha definito l’attuale situazione "critica, inaccettabile, drammatica e vergognosa". Aggettivi che potrebbe tranquillamente rivolgere all’humus intestino della città: tra buche, assenza di un termovalorizzatore e di un piano per la mobilità urbana. Come se ne esce? Tutte le speranze, in tempi di pandemia e di guerra non dichiarata, sono rivolti al PNRR con una disponibilità specifica di 22,5 milioni. E le priorità designate sono la riapertura del Palazzetto dello Sport, il classico impianto medio che va bene per basket e pallavolo, e il riattamento dello Stadio Flaminio a cui guarda con interesse la Lazio. Auspicabile che da questo fiume di denaro scaturisca qualche spicciolo per l’atletica che fa fatica a sopravvivere tra Farnesina, Acquacetosa e Stadio dei Marmi. Anche qui il colpo d’occhio documenta un peggioramento rispetto agli anni ’70. La città si è lasciata andare ma non si può dire che C.O.N.I., Sport e Salute e il management della FIDAL siano stati controllori puntuali dell’attuale degrado, semmai piuttosto omogenei a questo profumo di decadenza.