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«Spiridon», metti un giorno, quel giorno

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La rivista telematica «Spiridon», versione italiana, ha dedicato un apprezzato articolo, firmato Giorgio Barberis, alla giornata celebrativa dei due primati del mondo che Giuseppe Gentile stabilì durante la qualificazione e la finale dei Giochi Olimpici di Mexico '68. «Omaggio a un campione: Giuseppe Gentile», il titolo della iniziativa, tenutasi domenica 21 ottobre in un albergo di Agazzano, in provincia di Piacenza. «Spiridon Italia» continua la tradizione di «Spiridon», che considero la più intelligente pubblicazione sul mondo della corsa, allora nascente, partorita, nel 1972, da una idea di due svizzeri, Noël Tamini e Yves Jeannotat. Si parlava davvero di corsa, della sua filosofia, dei piccoli e grandi eventi, della storia del podismo, con una ricchezza di informazioni che non ho mai più ritrovato. Non era una giornale-bottega di scarpe e di magliette, di sospensori e diete più o meno fantasiose, come le pubblicazioni che sono venute dopo, business e poco altro. Esiste uno «Spiridon» anche il Germania, fondato dal maratoneta (due edizioni dei Giochi Olimpici, 1968 e 1972) Manfred Steffny. Quella italiana ha un «taglio» diverso, non molta corsa, ma molta «politica sportiva», con le istituzioni (Federatletica, Comitato Olimpico) spesso e volentieri sulla graticola.

Giorgio Barberis, torinese, giornalista di lungo corso e mestiere in gran parte alla redazione sportiva de «La Strampa», è uno dei collaboratori della rivista di Giors Oneto, che si avvale anche delle firme di Augusto Frasca, Vanni Loriga, e, di altri, di volta in volta. Considero Giorgio un amico, da sempre, sul piano personale, e un serissimo professionista. Bene, lui, Giorgio Barberis, alle «Gentileidi» c'era, ha scritto di quell'evento, non se lo è fatto raccontare, ha preso l'auto e, da Torino, si è sciroppato i suoi bei chilometri fino alle rive della Trebbia. Altri molto più vicini, erano troppo impegnati, avevano problemi familiari, di lavoro,  e non hanno trovato il tempo neppure per fare una telefonata. Ma aspirano al Premio Pulitzer, dovranno però aspettare il 2019 perchè quelli del 2018 sono già stati assegnati.

Sarcasmi (voluti, fortemente voluti) a parte, un ringraziamento grandissimo per quanto scritto da Giorgio, ma anche a Giors che ha ospitato lo scritto sul suo giornale. Di Oneto mi paice ricordare che fu il primo in Italia a promuovere la rivistina, era un formato piccolo, di Tamini e Yeannotat. Parole, quelle di Barberis, che hanno colto lo spirito e l'impegno di chi ha voluto questa celebrazione, che non ha distribuito medaglie d'oro (pagate con i soldi degli altri...), ma ha elargito affetto, passione, rispetto per lo sport nel quale molti di noi ancora, ma per quanto?, si riconoscono. Ricambiati come? Con un silenzio assordante da parte di chi dovrebbe cogliere al volo queste iniziative. Se qualcuno leggerà, mi sappia dire, per favore, quante volte si sono visti tanti campioni, primatisti, medagliati, di una stessa specialità riuniti insieme? Merito, non mi stancherò mai di ripeterlo solamente di Erminio Rozzini, che del salto triplo ha fatto una «religione».

Grazie Giorgio, Grazie«Spiridon»!


Anzi, metti due appassionati, di quelli ai quali le poltrone non interessano, che all’atletica hanno sempre dato tanto, ben più di quanto possono aver ricevuto e sono sempre pronti ad aprire il portafoglio per realizzare qualcosa di concreto: basta un attimo perché nelle loro teste frulli una nuova idea e da quel momento si dedicheranno con tutte le loro forze a realizzarla. Così è nata, circa un anno fa, ad Ottavio Castellini ed Erminio Rozzini, la voglia di festeggiare Beppe Gentile, mezzo secolo dopo quei due giorni, il 16 ed il 17 ottobre del 1968, nei quali a Città del Messico ottenne due primati del mondo ed il bronzo olimpico del salto triplo. Dapprima si sono mossi, poi hanno coinvolto qualche amico, in primis il gruppo Progetto Multisport “Sognando Olympia” e l’Atletica Agazzano, ottenendo anche il patrocinio non oneroso del Comune a una manciata di chilometri da Piacenza. E sono state così poste le basi per una domenica di festa alla quale hanno partecipato in tanti, ben più di quanti gli “organizzatori” si aspettassero.

Meglio così, perché è stata festa grande. Inutile soffermarsi su quanti si era, certo è che nella grande sala dell’albergo di Agazzano che ci ha ospitati in molti sono stati costretti a restare in piedi e per il pranzo successivo è stato necessario predisporre in fretta e furia una seconda sale perché quelli che hanno voluto restare fino alla fine sono stati ben oltre cento.

D’altronde il piacere di festeggiare un Campione, mezzo secolo dopo la sua impresa sportiva più significativa, non capita tutti i giorni e, con una punta di malignità, potremmo aggiungere che per i nostri nipoti fra 50 anni poter festeggiare i campioni di oggi sarà ancora più complicato. Ma lasciamo perdere. Dunque, innanzitutto merita una piccola spiegazione del perché si sia finiti ad Agazzano: in questo paese è vissuto Giovanni Baldini, che fu compagno di stanza in molte occasioni proprio di Gentile e Crosa. Adesso è il figlio ad occuparsi di mandare avanti la baracca atletica, peraltro con buoni risultati e la “promessa” Andrea Dallavalle come fiore all’occhiello. 

Beppe Gentile, anche se l’antico compagno di stanza non c’è più, è rimasto legato alla famiglia Baldini, ed ha accettato subito l’invito che gli era stato rivolto. A questo punto Rozzini si è impegnato per costruire intorno a lui una “squadra” degna del Campione mentre Castellini si è occupato del contesto della festa, compresa la “chicca” di contattare Giorgio Fracchia, figlio del compianto Luciano, per avere delle immagini da proiettare.

Ne è scaturita una celebrazione a dir poco sontuosa, alla quale erano assenti gli “affezionati delle poltrone”, con ospiti tutti gli italiani che hanno firmato tripli salti oltre i 17 metri (in rigoroso ordine alfabetico Dario Badinelli, Paolo Camossi, Fabrizio Donato, Daniele Greco, Fabrizio Schembri) e le azzurre che hanno scritto la storia della specialità (Antonella Capriotti, Barbara Lah e Magdelin Martinez, mentre Fiona May ha inviato un messaggio essendo impedita ad essere presente) al femminile.

La “chicca” cui abbiamo accennato è stata la proiezione del filmato dei salti messicani di Gentile e dei suoi principali avversari, da Sanayev e Prudencio. Immagini
inedite, girate da Luciano Fracchia, presentate al pubblico per la prima volta in assoluto: neppure Gentile aveva mai avuto occasione di vederle e l’occasione di rivivere quei giorni è stata commovente.

Immagini a parte, è stata una mattinata ricca di ricordi e aneddoti, con Guido Alessandrini e Franco Bragagna e gestire gli interventi e Beppe Gentile a confermare quanto già si sapeva e cioè che Campione vero significa anche proporsi con giusta modestia, peraltro confessando che quei giorni messicani sono presenti e vivi come non mai nella sua memoria.

Alla fine, altra “chicca”, Castellini ha fatto dono ai presenti della sua ultima opera, un volumetto dal titolo stuzzicante “Giasone e il vello di bronzo”, ispirato al performance cinematografica di Gentile con la regia di Pier Paolo Pasolini, nel quale ripercorre la storia del salto triplo e dei suoi campioni, arricchendola con brani tratti da volumi che fanno parte della sua preziosa, e probabilmente unica, collezione-museo creata anno dopo anno con minuziose ricerche ed oggi aperta a chi la vuole vedere, o meglio ancora consultare, in quel di Navazzo, pochi chilometri da Gargnano, sul lago di Garda.


Giorgio Barberis


Pietro Delpero presenta «Le Fantozziadi»

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I milioni di lettori de «L'Eco del Pizzocolo» hanno imparato a conoscere Pietro Delpero, uno dei nostri fotografi ufficiali. Avrete visto il megaservizio fotografico sulla giornata «Omaggio a un campione: Giuseppe Gentile» dello scorso 21 ottobre. Per dirme una. Domani il Museo nazionale della fotografia, stabilmente domiciliato a Brescia, ci offrirà l'occasione di conoscerlo meglio e di curiosare nella sua espressività di fotografo che ha trasformato una passione in una dedizione quasi totale. A parte guadagnarsi la pagnotta da un'altra parte, perchè i soli emolumenti pizzocoliani non gli bastano.

Alle 17, nella sede del Museo, ubicata nel cuore della città della Leonessa, quella Contrada del Carmine che ha una storia lunga e antica quanto la stessa Brescia essendone stata uno dei nuclei fondanti attorno al Cidneo, Pietro presenterà la serie fotografica realizzata durante la «Coppa Cobram del Garda» nei due ultimi anni; la manifestazione è alla sua quinta edizione. Si tratta di una rievocazione goliardica della «temuta gara ciclistica» con tanto di abbigliamento in tema e bici storiche, parodia che prende spunto dal libro e dal film di Paolo Villaggio «Fantozzi contro tutti». Un modo per endere omaggio ad uno dei personaggi più amati del cinema italiano, l'indimenticabile ragionier Fantozzi. Una occasione per i partecipanti alla simpatica farsa gardesana per una giornata di divertimento. Pietro ha fissato con i suoi obiettivi i volti, le maschere, le situazioni riprodotte dai partecipanti e che ricordano gli esilaranti episodi del film. Una occasione per riderci sopra, i dimenticare quelli che ci fan piangere.

Riassumendo: ore 17, Museo nazionale della fotografia, Contrada del Carmine 2F, a Brescia, «Incontro con l'autore: Pietro Delpero e le sue Fantozziadi».

A spasso sulla affascinante Bassa Via del Garda

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Franco Ghitti ama le montagne del Garda, credo tutte ma in particolare quelle della sponda bresciana, come nessun altro. Ci ha camminato sopra, ne ha scoperte, le ha rilevate, disegnate, segnate, soprattutto ripulite. Quello che si dice: uno che davvero vuol bene al suo territorio. Non sono certo io che scopro Franco Ghitti. Se pesassi qualche chilata di meno e avessi potuto continuare a camminare come facevo nei primi mesi dell'anno scorso, forse una qualche girovagata con Franco e i suoi amici la potrei fare. Franco, periodicamente, mette in strada, anzi sentiero, la riscoperta di itinerari nell'entroterra gardesano, soprattutto in quella che si chiama Bassa Via del Garda. Nel programma allegato ci sono tutte le «istruzioni per l'uso» di una di queste passeggiate istruttive che si farà domenica.

Codicillo: Franco Ghitti, insieme ad altri, uno di questi il mio e suo amico Elio Forti, ha messo in piedi un trial (traduzione nella nostra bella lingua: cammino, adesso se ne fanno ovunque, vanno molto di moda fra i camminatori) che si chiama appunto BVG, Bassa Via del Garda, che parte da Salò e arriva a Limone del Garda. Tre diverse distanze: 25, 50, 75, parliamo di chilometri, chiaro per tutti? In cinque edizioni si è già imposta sia in ambito nazionale che internazionale, eran circa 700 anche alla competizione dello scorso aprile. Se volete appuntarvi la data della prossima edizione: 6 aprile 2019. Se poi volete anche saperne di più, questo è l'indizzo giusto. Intanto cominciamo - cominciate - con doman l'altro da Villa di Salò al Castello di Padenghe.

Il gianduiotto ha sapore di cioccolato amaro

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Sarà capitato anche a voi di sentire mamme e papà , nonni e zie, con aria aggressiva, sentenziare «Questi bastardi dei barconi portano via il lavoro ai nostri figli, ai nostri nipoti». Lo sentono ripetere ossessivamente dagli attuali padroni del vapore e loro, con il figlio o la nipote senza lavoro, lo ripetono per sentirsi in pace con la coscienza: non è colpa loro, i noster fiulet, poverini, ma di quelli che dovrebbero «stare a casa loro, e invece ci stanno invadendo».

Proviamo, insieme, a vederla da un'altra ottica? Per esempio, nessuno che dica mai che negli ultimi X (mettete voi un numero) anni, parte - consistente - della nostra industria è stata venduta pezzo dopo pezzo agli stranieri, ma non quelli dei barconi, no, a quelli dei soldoni, ai Paperon de' Paperoni dei fondi non di bottiglia ma di investimento, dei fondi pensione a stelle e strisce, ai cinesi, agli indiani, ai francesi, ai petrodollaroni, e via elencando, fino ai turchi. Che? dice: sono sbarcati i pirati del feroce Saladino n'altra volta? A Novi Ligure non c'è il Mediterraneo, non c'è neppure a Caltanisetta, ma sicuramente è più vicino. Ma non si tratta di una storia di pirati ma di capitani, non di velieri ma d'industria. Novi Ligure, dal 1860 sinonimo di Pernigotti, cioccolato, gianduiotti. Caltanisetta dal 1802 sinonimo di Averna, amaro, liquori. Amaro Averna, uscito dalle sapienti mescolanze di erbe di Girolamo, frate cappuccino dell'Abbazia di Santo Spirito a Caltanissetta. Di Pernigotti e Averna, due famiglie, con nomi e cognome, si sa chi ebbe le idee iniziali, chi le sviluppò, chi ebbe gusto, fantasia, quattrini, per conquistare il mondo.

Oggi invece è il mondo che conquista e colonizza noi. Le famiglie se ne sono andate, hanno venduto ai Paperoni. Per dire: nel 2014 gli Averna mollarono tutto e vendettero al Gruppo Campari, 103,75 milioni di Euro si lesse allora. Ma molti anni prima, 1995, Stefano Pernigotti vendette il gianduiotto agli Averna. Era restato tutto in famglia, cioè in Italia. Dura minga trop: nel 2013 i siculi vendono il 100% di Pernigotti alla famiglia Toksöz, eredi di Saladino. Leggete un brano di un giornale dell'epoca:«Pernigotti facendo leva sul notevole know-how acquisito e sulla complementarietà con Sanset, continuerà il processo di crescita intrapreso in Italia, in Turchia e negli altri mercati internazionali”. Trionfo della maledetta globalizzazione. In quel momento si calcolava che  oltre 10 miliardi il valore dei marchi storici dell’agroalimentare italiano erano già passati in mani straniere. Cui va aggiunto il settore moda, quello del lusso, l'Italia svenduta come Nazione, venduta con beneficio di quelli che i quattrini se li sono messi in tasca e ne fanno quel che vogliono. Una delle ultime che hanno cambiato bandiera, Versace, con la biondona: poche settimane fa, l'azienda è stata acquisita interamente (l'80% della famiglia Versace e il 20% di Blackstone, fondo di investimento) dallo stilista e imprenditore americano Michael Kors per 1,83 miliardi di euro. Allegria! 

È di qualche giorno fa la notizia e oggi la conferma: i turchi Toksöz, due fratelli, si son stancati di perdere 50 milioni (negli ultimi quattro anni, dato fornito dai nostri sindacati) e chiudono, e lasciano senza lavoro i lavoratori della fabbrica italiana. Però tranquilli: è arrivata subito la perentoria dichiarazione del «crociato» di turno:«Mi recherò personalmente al consolato italiano di Istanbul e nella sede dell'azienda per fare chiarezza su questa triste vicenda». Te capì? Va lui a Istanbul, andrà a cena in qualche lussuoso ristorante sul Corno d'Oro, e intanto affilerà la scimitarra per affrontare il feroce Saldino. Ridicolo.

Dunque, papà, mamma, nonni e zie: lasciate perdere i barconi e gli sventurati che ci stanno sopra, e occupatevi dei Paperoni. Da qualsiasi parte vengano, e di quelli che il lavoro lo distruggono mentre dovrebbero crearlo. E dei pagliacci che vi fanno vedere lucciole per lanterne.

Libri di atletica, ma non solo, di tanti altri sport

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Se qualcuno che legge queste pagine ha interesse per i libri di sport, sappia che alla voce «CARTASTORIE», in questo stesso spazio, mi diletto di parlare e sparlare di pubblicazioni sull'argomento. Tratto di quello che leggo, non scrivo di quel che non leggo, non uso i «soffietti» sui risvolti delle copertine. E parlo dei libri di cui mi va di parlare. Non ho obblighi con nessuno. Questo detto, sappia l'isolato lettore che oggi ho riempito lo spazio previsto nel suddetto «CARTASTORIE» con un nuovo libricino che tratta di atletica leggera, nello specifico di quel salto che chiamano triplo. Gioco in casa stavolta: il libro me lo sono fatto (e pagato). Quindi, come si dice, me la suono e me la canto. Potete ignorare, non perderete niente, la autopromozione che sicuramente mi farà vendere zero copie, ma se scorrete le altre 36 pagine di presentazioni, magari trovate qualcosa che vi piacerebbe leggere.

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