La Children Wind Cup sabato prossimo a Bogliaco
L'importanza del tweet e l'importanza di stare zitti
Lunedì 11 settembre, ore 20,45. Ho appena letto, con fastidio, sul sito di un quotidiano nazionale la fondamentale dichiarazione "twittata" da una tale che a me fa sempre venire in mente l'addormentata nel bosco, bella o brutta che sia ma sempre imbambolata. Ecco il testo che verrà ritrovato fra un millenio o due in un computer calcificato nelle future rovine del Foro Romano, future? diciamo pure attuali. Ecco il raggiante pensiero:" Vicina alla ragazza finlandese aggredita nei pressi della stazione Termini. @Roma non accetta alcun tipo di violenza". Pensiero di una profondità...esilarante! Ma non le viene mai in mente che tacendo farebbe più bella figura? Invece di sparare tweet (= cazzate) vada a trovare in privato, senza scorta, senza auto blu, senza codazzo di prezzolati portaborse, la ragazza finlandese e ascolti, in silenzio, il suo dolore. E le racconti che stiamo assitendo, impotenti, lei per prima, al secondo, terzo, decimo, millesimo Sacco di Roma.
Fa il paio con la magniloquente dichiarazione del Generale Tullio Del Sette, comandante generale dell'Arma dei Carabinieri, sul reato sessuale commesso (su questo non esistono più dubbi, dal momento che uno dei due, un ragazzino di quaranta anni, ha confessato) a Firenze contro due studentesse americane. Il gallonato, affranto, dixit:" È imperdonabile, anzitutto per noi, il grave danno che stanno facendo all'Arma. Questi fatti ci feriscono nel prestigio, gravemente". No, generale, no: qui non è in gioco il prestigio dell'Arma. Nessun italiano mimimamente intelligente ha messo in discussione la fedeltà e la correttezza delle decine di migliaia di carabinieri che ogni giorno si fanno un mazzo così per gli italiani. Io, personalmente, me ne stracatafotto del suo prestigio, mi sento umiliato come cittadino di questa Repubblica. Prima viene l'Italia, poi viene l'Arma. O no?
Ci risiamo: Brasile, Africa connection e i soliti noti
Il "Carnaval dei Giochi Olimpici Rio 2016" continua. Stamane ad aprire il sito di insidethegames una notizia che procurerà un nuovo infarto al povero cuore del Barone Pierre de Coubertin, che sperava di trovare un po' di pace nella stele appositamente eretta ad Olympia per mettere a perenne dimora il muscolo cardiaco del rinnovatore dei Giochi dell'Era Moderna.
In sintesi: la polizia brasiliana ha ribaltato la casa di Carlos Artur Guzman, presidente del Comitato organizzatore Rio 2016, non per togliere la polvere dai mobili ma per cercare documenti...impolverati, prove di un supposto "fondo nero" (robettina da 1 milione e mezzo di dollari) che, secondo l'accusa, sarebbe servito per comprare voti alla candidatura brasiliana poi vincente (Copenhagen 2009). Per chi non lo ricordasse, Guzman fu giocatore di pallavolo e fece parte della Nazionale carioca ai Giochi di Tokyo 1964: fu la prima volta del volleyball nel programma dei Giochi. Il Brasile fu settimo, l'oro fu assegnato alla Unione Sovietica per la miglior differenza punti fatti e subiti sulla Cecoslovacchia. Almeno un po' di sport in mezzo a tanto...sporco!
La vicenda olimpica di Rio 2016 è un tormentone che vede implicati, taluni anche già condannati, ministri, politici, alte cariche dello Stato, e adesso si arriva alla massima posizione sportiva, Guzman appunto. Tranquilli: il suo avvocato ha fatto sapere che non c'è stato nessun comportamento illecito e che si tratta solamente di "a media spectacle". Chi vivrà, vedrà. Intanto però fischiano le orecchie quando si legge che l'inchiesta do Brazil è in relazione con una lunga indagine (novembre 2015) partita in Francia con tanto di giudici e uomini della Gendarmerie Nationale. E a quanto pare non mollano l'osso...Qualcuno non può lasciare il suo Paesello, altri sono spariti nel nulla, altri non possono salutare il paese di Marianna e andare a fare un viaggetto, altri devono giustificare dobloni messi in ombra in posti peraltro molto soleggiati, e altri ancora...beh, quelli dormivano.
Mah, speriamo bene, per loro, che dovranno pregare il loro dio, se ne hanno uno, per cavarsi fuori da un impiccio molto scivoloso. Altri, come me, continuano a sognare uno sport diverso. Ma, appunto, è un sogno.
Per favore, qualcuno mi dica che non è vero
Collegatevi con questo indirizzo e vomitate.
L'ho sentito e risentito almeno una decina di volte, e poi lo risentivo ancora perchè non potevo crederci. Ho pensato a una di quelle "bufale" che ormai sono il pane quotidiano di questa follia informatica gestita da un Grande Fratello che vuole farci credere, vedere, pensare, quello che vuole la Cupola, che, ne sono convinto, da qualche parte starà pure. Di "bufala" di tratta, ma drammaticamente vera e urticante. Non voglio neppure nominare l'individuo che ha prenunciato questa discorso, lui ministro di questa Repubblica fondata su una Costituzione granitica, davanti a quelli che - altra disgrazia che ci siamo voluta - sono i rappresentanti del Popolo Italiano (non tutti, a me è chiaro: galantuomini come Luigi Manconi e Pier Luigi Bersani, sardo il primo, piacentino il secondo, stanno in un tomo diverso della enciclopedia politica, sono i primi due che mi sono venuti in mente, ma non i soli, per me ci sono altri donne e uomini che meritano la nostra fiducia).
Io spero quanto segue: anzitutto che la famiglia di Giulio Regeni, incontrando questo tale, gli sputi almeno in faccia. Inoltre, che, nello sciagurato caso che questo ignobile progetto vada avanti, nessuno studente si iscriva mai, lasciando aule deserte, o magari frequentate dagli assassini di Giulio. Oppure dai gentlemen inglesi di Cambridge, una vergogna per il mondo accademico, come ha raccontato ai lettori Davide Lerner nel numero del 20 agosto de "L'Espresso", titolo "Hello Cambridge? Un silenzio assordante".
Aveva ragione il mio amico, collega e capo al "Giornale di Brescia", Ersilio Motta, il quale, tanti anni fa, talvolta usava dirmi: ci sono individui che hanno la faccia foderata di pelle di culo. E con quella faccia possono dire ciò che vogliono. Voi guardate il filmato e ditemi se non ha ragione Ermo, così si firmava.
Omaggio allo chansonnier francese Michel Sardou
"Comme d'habitude" è una delle canzoni mitiche dello chansonnier francese Michel Sardou, parigino, settanta anni compiuti da poco. Chi volesse ascoltare questa bella canzone può entrare su questo indirizzo. La registrazione fu fatta da un Michel Sadou ancora molto giovane e foltocrinito. Buon ascolto. C'è un legame fra il titolo della canzone e il sito dell'Archivio Storico dell'Atletica Italiana "Bruno Bonomelli".