Erio Rurini, quando la corsa ce l'hai nel sangue

 
 

Qualche giorno fa nella Sezione "L'Eco del Pizzocolo" ho pubblicato un ricordo del gargnanese Cesare Bernardini scritto da tre amici "indigeni". Ed è saltato fuori il nome di un podista, non bresciano, che ho visto correre nei miei trascorsi giovanili piacentini, quando facevo finta di fare l'atleta. Questo corridore, di cui voglio brevemente parlarvi, condivide con il Cesare l'aver corso la seconda edizione del "Girolago", parliamo di Garda, nel 1975; in effetti non fu un giro del lago ma una andata da Limone a Desenzano e ritorno per un totale di 145 chilometri, colpa di una frana che aveva ostruito un tratto di strada sulla sponda veronese. C'è poi la curiosità dei nomi. Mi spiego: il Cesare all'anagrafe era Francesco ma lo sapevano in pochi, l'altro si chiamava Erio ma 99 volte su 100 lo chiamavano Ezio, Erio non entrava nella crapa di chi scriveva risultati o articoli. 

Erio Rurini, di lui parlo, non ha vinto Campionati importanti o segnato tempi da record, ma è stato un "mito" dell'atletica reggiana. Era nato a Cadelbosco di Sopra, quasi alle porte di Reggio Emilia, il 19 settembre 1935. Da atleta indossò la maglia della gloriosa Polisportiva Cooperatori, fondata nel 1953. Era indistruttibile, lo si trovava in tutte le competizioni emiliane, Reggio, Parma, Modena, Piacenza, Fidenza, Bologna, 5 e 10 mila metri il suo pane consueto, ma anche cross, soprattutto strada. Suo tradizionale antagonista Enzo Boiardi, piacentino, un altro che ha corso tutta la vita, e continua ancor oggi ultraottantenne; si dedicò alle lunghissime distanze, e fu uno dei primi titolari del primato nazionale delle "24 ore" in pista, con oltre 211 chilometri nel settembre del 1971. Ricordo, con affetto e una tanticchia di malinconia, la presenza, in quella occasione, di alcuni amici che non son più tra noi e a cui sono stato molto affezionato: Bruno Bonomelli che rimase nello stadio piacentino tutte le 24 ore, Pino Dordoni, Felice Baldini, Valter Sichel, il mio allenatore che tentava disperatamente di insegnarmi come si lancia il giavellotto. Tempo perso, con uno zuccone come me.

Leggendo il nome di Rurini, sono andato subito a cercare in biblioteca il librone del mio amico Gianni Galeotti (che teneva dimora a Cadelbosco di Sopra), altro partito in anticipo, che qualche anno fa diede alle stampe "Atletica a Reggio Emilia 100 anni di storia". Una compilazione fatta soprattutto di schede per ciascun atleta che ha lasciato traccia nell'atletica della patria di Dorando Pietri, nato reggiano nonostante tutti dicano e scrivano carpigiano. Scrisse Luciano Serra, dotto reggiano che ha lasciato il segno nella storia dell'atletica con le sue ricerche e i suoi libri:"Se l'Ariosto fu reggiano di nascita e ferrarese di vita e attività, Pietri fu reggiano di natali e carpigiano nello sport".

Alle pagine 81 e 82 la breve biografia di Erio Rurini, ne ricopio qualche brano.

"Protagonista delle gare di fondo in campo regionale, ottiene il primato personale nei 10000 metri (32'32"6) nel 1960 e nel 1961 nei 5000 (15'55"4); sempre nel 1960 esordisce nella maratona con un ottimo quarto posto a Busto Arsizio (2h29'03"). La sua scarsa disponibilità ad alimentarsi in gara, e quindi lento nel finale, gli preclude l'accesso ai Campionati Europei del 1962". La maratona di Busto Arsizio, che doveva assegnare la maglia di campione d'Italia, si corse il 16 ottobre. Rurini chiuse al quarto posto dopo il bergamasco Rino Lavelli (al terzo titolo), il romano Clemente Bisegna e il barese Vito Di Terlizzi, che aveva corso ai Giochi Olimpici (ritirato); gli altri due azzurri a Roma erano stati Francesco Perrone, pure originario della Puglia, e Silvio "Sisso" De Florentis (o De Florentiis, secondo altra grafia), genovese, figlio d'arte, il padre Umberto, parrucchiere, era stato uno dei migliori fondisti nazionali, ottavo nella maratona dei Campionati d'Europa a Parigi nel 1938. Distanza corta, quella di Busto, stimata in 41 km e 600 metri. Fu destino del bravo Rurini: dopo una incolore prestazione ai campionati del 1961 (tempo sulle 2 ore e 47) corse ancora un Campionato italiano, nel 1964 a Genova: quinto in 2 ore 23 minuti 53 secondi ma...il percorso era un chilometro meno!

La sua biografia dice ancora:"Sulle distanze maggiori dà il meglio di sè: protagonista e beniamino nella mitica "100 chilometri del Passatore" con una decina di partecipazioni, un secondo posto assoluto nel 1975, tre quarti posti consecutivi dal '76 al '78. Nel 1975 vince il Giro del lago di Garda in meno di 13 ore. Nello stesso anno fallisce il tentativo di battere il record delle 24 ore in pista: si arrende dopo 179 km. Tra i vari titoli italiani Master di rilievo quello sui 100 km su pista (250 giri) nel 1982, tempo 7h51'27". Su questa stessa distanza nel 1983, a 48 anni, a Pisa, stabilisce il primato personale: 7h06'".

Al "Passatore" del 1975 Erio chiuse con 11 minuti di ritardo sul "tetesco" Helmut Urbach, maratoneta da 2 ore 23, uno dei primi grandi specialisti delle ultramaratone, famoso anche per gli immensi baffi prussiani che sfoggiava. Fu tre volte quarto negli anni della "dittatura" Vito Melito - Elvino Gennari, sempre primo e secondo. Nell'83 fu nono, nell'84 decimo, nell'85 ottavo. Quanto al Giro del lago di Garda, le incertezze sono tante: non esiste una vera e propria classifica per quella edizione del '75 e i pochi tempi conosciuti sono affidati alla memoria di qualche "antiquario" del nostro sport, in questo caso Elio Forti.

Questo era "Rurèn", alla reggiana, il quale, per il suo impegno, era tra i prediletti dell'allenatore di casa, il "mitico" Renato Mussini, che tutti chiamavano "Sceriffo". Era nato nel 1906, atleta del mezzofondo, Galeotti lo etichetta come "l'uomo che fece nascere a Reggio Emilia l'atletica leggera". Erio Rurini aveva fatto molti mestieri anche pesanti, poi ne trovò uno come controllore del latte nelle stalle, quindi sveglia tutti i giorni alle 5; a metà mattina il primo allenamento, alla sera, dopo il lavoro pomeridiano, altra razione sulla pista del Campo Scuola. La pagnotta si guadagnava con le stalle, non con le stelle (medaglie) di latta...

I giorni terreni di Erio Rurini sono finiti il 16 ottobre 2005, quelli dell'amico Gianni Galeotti il 13 novembre 2015.

Le foto sono riprodotte dal libro citato. In quella in alto, sulla sinistra, mentre legge quasi sicuramente la motivazione del premio a Rurini, si riconosce Gianni Galeotti.