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Sognare sulle note del violino di Uto Ughi

Uto Ughi è ormai di casa nella cittadina dell’alto Garda

Gli si illumina il faccione a Gianfranco Scarpetta quando parla di Uto Ughi. Niente a che spartire con Kay Scarpetta, il personaggio centrale dei libri polizieschi della scrittice americana Patricia Cornwell, che ne ha fatto la figura centrale di 23 romanzi, se ho contato bene. Niente da spartire neppure con Lea Scarpetta, che è stata la mia maestra alle scuole elementari «Giulio Alberoni» di Piacenza. Franco Scarpetta ha gestito negozi di alimentari, ristoranti, bar, ma soprattutto, a Gargnano del Garda, il cav. Gianfranco Scarpetta ha fatto l'amministratore del suo Comune: assessore di tutto e di più, sindaco, consigliere comunale, di maggioranza e di minoranza, quando le cose van a rovescio. Ma lui è sempre lì, come roccia che non vacilla. Adesso sindaco non lo è più, sta in minoranza, ma non ha perduto la voglia di fare qualcosa di bello per la sua Gargnano, per la bella bomboniera lucustre e per la sua gente, anche per coloro che gli hanno voltato le spalle.

E allora appello a chi gli vuol bene, a cui non frega niente se il suo carattere è fumantino, polemico, autoritario. Ha sempre preso tutto di punta, anche sbagliando talvolta, ma con lo sguardo a Gargnano, alla sua terra e al suo prospicente lago. E quando si impegna, va nelle gambe di Lucifero, ma arriva allo scopo.

Franco Scarpetta, che quasi tutti in strada, incontrandolo, chiamano sempre «sindaco» con rispetto, forse solo qualche imbecille con malcelato scherno, è tornato in pista e ha fatto appello al suo amico Uto Ughi, uno dei più grandi violinisti che stupiscono le sale concertistiche del mondo, ovunque. Il Maestro ha casa da moltissimi anni a Gargnano, dove si ritira per ammortizzare le fatiche di una attività concertistica intensa e pesante. "Gargnano è uno dei luoghi della mia vita, è ideale per viverci".

Fra il Maestro e «il sindaco» c'è un feeling speciale. Racconta Scarpetta, fra i tanti aneddoti della sua vita. "Giusto cinquanta anni fa, era il 1969, mese di luglio. Dovevo inventarmi qualcosa, come presidente della Pro Loco. Qualcuno mi disse che, a San Giacomo (un angolo di paradiso, n.d.r.), abitava un giovane che suonava benissimo il violino. Mi feci coraggio, e andai a suonare il campanello di casa sua. Gli chiesi se era disponibile per un concerto, ma, con la mia faccia di bronzo, gli dissi anche che non ne avevamo neanche uno per una piccola gratifica. Sorrise, e accettò ugualmente, ma mise una condizione: dovevamo trovare qualcuno che lo accompagnasse al pianoforte. Inforcai la Vespa e andai a Toscolano a cercare Gerardo Chimini: te la senti di accompagnare Ughi al pianoforte? Ma va là, di mia stupidade! Lo convinsi che era vero, era tutto vero". 

Nacque così, nel settembre di cinquanta anni fa il primo concerto gargnanese di questo genio del «Trillo», copio dal titolo di un suo libro, edito da Einaudi nel 2013:«Quel Diavolo di un Trillo. Note della mia vita». E questa sera la magia si ripeterà per il concerto del cinquantesimo, per ricordare quel lontano 1969. L'appuntamento - ore 21 - è nella Chiesa trecentesca di San Francesco, che ha spesso ospitato importanti appuntamenti musicali. Ne ricordo uno dell'anno scorso, quando le volte della chiesa rimandavano le potenti voci del Coro Patriarcale della Cattedrale di Cristo Salvatore di Mosca, davvero eccezionale. Altra invenzione del cav. Scarpetta. Stasera - spero di vedere la chiesa piena di gente, dopo aver visto la tristezza delle serate del recente Concorso Internazionale Chitarristico... - Uto Ughi sarà accompagnato da Alessandro Specchi al pianoforte. In programma musiche di Beethoven, Paganini, Saint- Saëns e Vitali.

Ancora un aneddoto dal vasto repertorio «scarpettiano». "Dopo un concerto, uno dei tanti, qui a Gargnano, il Maestro aveva voglia di fare quattro passi per il nostro piccolo centro e porticciolo. Nell'uscire mi affidò lo strumento che aveva utilizzato quella sera. Non sapendo dove nasconderlo, lo misi in un grosso forno a microonde del locale che allora gestivo. Ma non avvisai il barista...". Non successe niente, grazie a Dio...il violino era nientemeno che il famosissimo Stradivari Van Houten-Kreutzer del 1701, che era appartenuto al violinista francese, di padre tedesco, Rodolphe Kreutzer, al quale Beethoven aveva dedicato la Sonata n.9 in la maggiore op.47, conosciuta appunto come «Sonata Kreutzer».

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