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Quando l'Italia era un paese senza ghetti umani

Signore di bello e ricco Stato, ma d’animo, di valore, di prudenza, d’intelletto superiore alla sua propria fortuna e degno di essere paragonato co’ maggiori e più gloriosi principi de’ secoli passati”. Dobbiamo questo lusinghiero ritratto a Torquato Tasso, che così dipinse con le parole la figura di Vespasiano Gonzaga Colonna, duca di Sabbioneta. Era un condottiero, uomo d’arme, ma era anche un uomo di lettere, che amava la poesia, l’arte, l’architettura, e che governava con saggezza e lungimiranza. Figlio di Luigi Gonzaga, conosciuto come Rodomonte, e di Isabella Colonna contessa di Fondi, alla morte del padre durante l’assedio di Vicovaro, vicino a Roma, Vespasiano ereditò un piccolo territorio non lontano da Mantova, che comprendeva Bozzolo, Rivalta e Sabbioneta, ben lungi dall’essere quella che oggi conosciamo, o quella che non abbiamo mai conosciuto.

Crebbe in Spagna, alla corte di Carlo V, e alla severa scuola militare, che fece di lui un uomo d’armi, mai sovrastando però le sue innate doti di uomo di lettere e arti. Lo affascinava soprattutto l’architettura, in special modo quella delle fortificazioni militari, tanto che sarà lui stesso a disegnare le mura di Sabbioneta, quella singolare stella a sei punte. Ma non solo mura esterne. Sabbioneta si trasformò in un gioiello di architettura medioevale, che ha superato i secoli, giungendo fino a noi con quasi intatto splendore.

Qualche riga, scopiazzata qua e là, come potete immaginare, frutto di una recente visita che Encarnita e io ci siamo regalati, in un bel mercoledì di sole invernale. Un incanto. Giorno infrasettimanale (privilegio dei pensionati), pochissimi visitatori…extracomunitari (nel senso di turisti, talvolta beceri, caciaroni e invadenti), facile parcheggio. Abbiamo girovagato col naso all’insù, fra la Galleria degli Antichi e il «Corridor grande nella piazza del Castello» di Palazzo Giardino, che offre prospettive ammalianti, fra Palazzo Ducale e le belle chiese, perdendoci negli affreschi, nelle statue equestri rimaste, nelle pitture. E abbiamo chiuso la nostra visita, seduti a lungo, e affascinati, nel «Teatro di corte», una struttura unica, innovativa, realizzata da Vincenzo Scamozzi, e conclusa nel 1590. Unico, se non eleggi Patrimonio dell’umanità un edificio e un interno così, quale altro merita? Un teatro che, lo splendore ce l'ha di suo, ma necessita di ritrovare una vita culturale propria, come ebbe in passato, oggi invece appiattita da banali iniziative commercial-festaiole-matrimoniali.

Sabbioneta, riflessi di una umana sensibilità che ha fatto grande questa nostra terra italica. Siamo rimasti affascinati dall’insieme dei palazzi e delle loro architetture, ma non solo. Un edificio, la Sinagoga, ha acceso riflessioni. Una su tutte: a Sabbioneta esistette una comunità ebraica, ma Vespasiano Gonzaga non volle chiuderla nel ghetto, non è mai esistito il ghetto, gli ebrei erano inseriti nella comunità. Esempio di civiltà suprema. Inevitabilmente, il pensiero è andato ai tempi in cui viviamo, dominati da spregevoli individui che vogliono circondarci di «muri» e di «ghetti», siano essi in cemento armato o in parole e filosofie degradanti dei valori umani.

Vespasiano amava il bello, ma per amare il bello bisogna essere belli dentro. In una sua lettera al duca di Mantova scrisse con amarezza “…i poveri, che noi grandi fuggiamo come rifiuto delle creature di Dio…”. Al primo posto delle sue attenzioni e della sua politica collocò sempre la sua gente. Come dovrebbe fare un amministratore avveduto.

Annotazione finale da visitatori. Encarnita e io abbiamo apprezzato grandemente la cortesia, l’educazione, la competenza, i suggerimenti, di tutto il personale che abbiamo incontrato lungo il nostro percorso. Questi gioielli sono in buone mani.

Le foto (disponibili a questo indirizzo) che corredano queste righe sono state scattate da Encarnación Tamayo Nevado.

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