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Last updateLun, 12 Set 2022 10am

Pietro, Chantal e Marco, a spasso per via Milano

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Via Milano, a Brescia, è una delle principali arterie cittadine. Parte da Piazzale Giuseppe Garibaldi, dove incombe la statua equestre del generale, opera dello scultore Eugenio Maccagnani, inaugurata nel settembre 1889. Il piazzale è il trait d'union fra Corso Garibaldi e, appunto, via Milano. Un tempo, fino al 1889, questa zona di accesso alla città era Porta San Giovanni, da dove entrò nel giugno del 1859 al comando del Cacciatori delle Alpi. Fine delle microlezione di storia, il resto, se volete, andate a leggerlo sul libri.

Via Milano conobbe, come tante altre vie di Brescia e, in genere, di tutte le città, periodi di splendore e altri di decadenza. Il Cimitero monumentale Vantiniano e la storica azienda chimica Caffaro (insediata nel 1906) colà ubicati sono parte integrante della soria di questa via. La Caffaro è sempre stata una spina nel fianco di Brescia, e solo una acquisita attenzione ai problemi ambientali negli ultimi decenni ha portato a denunce e lotte per il risanamento dei terreni circostanti fortemente inquinati nel corso di oltre un secolo. Si pensi che alle spalle della fabbrica si pensò bene di costruire, nel 1955, un impianto sportivo, quelli che allora si chiamavano Campi delle Scuole, con una pista di atletica, una misera tribunetta e una palazzina per gli spogliatoi e gli uffici. Ci sono passate intere generazioni di praticanti l'atletica leggera.

Negli ultimi anni si sta tentando un recupero ambientale, abitativo, sociale di via Milano. L'iniziativa che qui presento si inserisce in questo sforzo di recupero. Stavolta è di scena la fotografia, e mi fa piacere che siano coinvolti anche tre miei amici: Chantal Peiano con il marito Pietro Delpero e con il fratello Marco Peiano. L'augurio a loro e ai promotori è che la mostra ottenga la sperata attenzione.

Chi vuole mettere le mani sullo sport italiano?

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Il mio amico Augusto Frasca mi ha risparmiato una piccola fatica e, in più, mi fa fare bella figura. Lui è uno che sa come tenere la penna in mano (in senso figurato, di questi tempi), non uno zappaterra come me. In breve. Ieri ricevo il nuovo numero, telematico, della «rivista internazionale di arte, cultura e sport Spiridon Italia», e, a pagina 3, nella rubrica «Fuori Tema», Augusto dedica una elegante rasoiata al C.O.N.I. (Comitato Olimpico Nazionale Italiano), che da mesi è soggetto di attenzioni, a dir poco, sospette. A sua volta Daniele Poto, altro amico che arricchisce questo mio povero spazio di intelligenti opinioni, mi aveva fatto avere un testo sempre sullo stesso argomento «conifero». Io, pelandrone, lo avevo lasciato lì, sono un po' svogliato di questi tempi. Lo pubblico oggi, lo pubblico domani, e il tempo scorre come le acque del torrente Toscolano che stanno non lontano da casa mia. Volevo anche dire la mia sull'argomento, ma visto che Augusto lo ha fatto prima e meglio, facciamolo dire a lui. Che sarà molto onorato - ne sono sicuro - di apparire su «L'Eco del Pizzocolo», e magari non mi chiede i diritti d'autore. Da parte mia, da quello che ho letto negli ultimi giorni qua e là, ho la percezione che siamo alle solite: il giorno del teatrino (farsa? esagero) dell'assegnazione dei Giochi Olimpici a una Nazione e a una città, adesso due, va di moda, urla, pugni alzati non in stile falce e martello, lacrime, orgia di abbracci (attenzione a chi ne approfitta), dichiarazioni tonanti, a volte addirittura "i nostri Giochi saranno i best ever", quando mancano ancora sette anni. E poi? Inizia l'altra farsa del dico e dico il contrario. Chi io? Nessuno mi ha mai interpellato (leggi Stefano Domenicali, ricordate? direttore della Gestione Sportiva della Ferrari), per fare il CEO dei Giochi, adesso ha stesso incarico alla Lamborghini. Oppure: manteniamo l'unità d'intenti, il che significa che unità non c'è.  Alt. Lascio la parola, prima ad Augusto Frasca, e poi a Daniele Poto.

"Sul piano generale degli scivolosi rapporti esistenti tra la dirigenza sportiva nazionale (Giovanni Malagò con le sue trincee all'esterno e all'interno di un Foro Italico ridotto ad un amaro spezzatino) e la nuova composizione ministeriale delegata alle politiche giovanili e allo sport (Vincenzo Spadafora), cresce il contrasto sul versante invernale Milano-Cortina. Non è novità che una vigilia olimpica sia segnata da una ingombrante quantità di polemiche, di dissapori e di interessi, leciti e meno, contrapposti. C'è chi vuole e chi non vuole. C'è chi non lo vuole, ma Spadafora ne è immune, ed è il caso dell'aeroporto di Sant'Anna di Fiames, inaugurato nel 1962, sei anni dopo l'edizione olimpica invernale, prima cronologicamente nella storia dello sport nazionale, utile nei tracciati incrociati Venezia-Milano-Torino e chiuso nel 1976 dopo un gravoso incidente. Ed è il caso dei litigi, e qui Spadafora c'entra mani e piedi, di attualità e relativi alla nomina dell'uomo che dovrà gestire l'evento nel massimo dei ruoli. C'è chi lo vuole e chi non lo vuole: Stefano Domenicali, l'uomo che nel 2008 subentrò a Jean Todt nella gestione della Ferrari uscendone pochi anni dopo, era il 2014, con note poco esaltanti, secondo tradizioni aziendali e padronali, con un unico titolo per case costruttrici e una sequela di modeste prestazioni individuali. Si tratta di uno di quei casi in cui ognuno insegue le proprie idee, affidandole ai comunicati e non ai confronti diretti, dando la chiara sensazione di come in alcune altitudini il buon senso sembri smarrirsi. Lo vuole Malagò, non lo vuole, almeno in apparenza per una questione formale, Spadafora, che nel poco tempo al vertice del dicastero sembra aver fatto punto o poco per migliorare la confusione ereditata dal predecessore Giorgetti con l'istituzione di Sport&salute. Scopiazzando senza pudori Archibald Joseph Cronin: e lo sport resta a guardare. Ma anche Thomas Bach, ancora per poco, dalla sede di Losanna".

Malagò, un presidente in trincea

di Daniele Poto

Al CONI sembra di vivere gli ultimi giorni di Pompei. Il presidente Malagò- per gli amici Megalò per un non infondato sospetto di megalomania- fa rintoccare un sinistro cupio dissolvi per la perdita di potere istillata dal Governo con la creazione di “Sport e salute”. Tra le gocce che fanno traboccare un vaso peraltro già pieno la perdita di un robusto deterrente per il clientelismo ovvero la dotazione di centinaia di biglietti omaggio per le partite di Roma e Lazio, fonte lobbystica per invita ad onorevoli e magnati, l’occasione per ricambiati favori. Ora il pacchetto passa nelle mani di Sabelli e toglie al CONI una non trascurabile arma di contrattazione. Vale la pena di ricordare quanti personaggi passavano a suo tempo nella stanza di Ernesto Sciommeri, plenipotenziario alle pubbliche relazioni sotto vari presidenti dell’ente. E quante litigate in nome di un biglietto in Tribuna d’Onore! Ma c’è anche qualcosa di più sostanziale nel conflitto. Intitolabile al momento “Malagò contro tutti”. Non basta a consolare il rampante venditore di automobili di lusso la nomina a presidente del CIO. La riforma governativa ispirata da Giorgetti l’ha spinto a un evidente colpo basso con la drammatizzazione della riforma e un sospetto di tradimento enfatizzato al CIO. Malagò ha esternato la possibile violazione della carta olimpica e ha messo in gioco tutta la propria task force per adombrare l’ipotesi che possa essere ritirata la credenziale al suo ente. Calcando i toni fino al punto di mettere in dubbio la già pattuita assegnazione dell’Olimpiade bianca del 2026 a Milano e Cortina. La forzatura è sotto gli occhi di tutti e le possibilità adombrate non godono di alcun possibile sviluppo reale. Anticipazioni giornalistiche hanno mostrato la goffa mossa che sollecitava l’aiuto esterno per ribaltare il senso della riforma. Malagò non ha però rinunciato a difendersi con toni estremi. “Ho scritto a Bach perché sono preoccupato. I giornali invece di concentrarsi sui rischi che corre il CONI si concentrano sulla mia segnalazione. Non capendo che noi siamo vittime assolute. Ci hanno voluto ridimensionare politicamente. Non siamo aggressori ma aggrediti”. Messa in campo goffamente anche la sua pupilla Federica Pellegrini che per spalleggiare il presidente se ne usciva così: “Il fatto che ci sia una pur minima ipotesi di non poter gareggiare sotto il tricolore ai Giochi di Tokyo 2020 è una cosa che noi atleti abbiamo preso molto male”. Si consoli la Pellegrini. Le probabilità che l’Italia sia esclusa dalla prossima Olimpiade sono zero, virgola zero. Per non farsi mancare nulla Malagò è in forte polemica con alcuni presidenti che contano nel Gotha delle Federazioni. Con Binaghi per la copertura del Foro Italico in versione tennistica. Anche qui Malagò ha tracimato: “Binaghi delira, non si permetta più di mistificare la realtà dei fatti”. Non ci interessa il merito della questione ma la durezza dei toni. Esasperati e esacerbati dal momento. Un uomo sull’orlo di una crisi di nervi. Gli altri contradditori di Malagò non sono presidenti da poco. C’è Petrucci, pur reduce dal disastro del mondiale, che accusa Malagò di scarsa diplomazia (“Non ci si può contrapporre così duramente al Governo. Io quando ero presidente del CONI era propenso a trattare”). C’è Barelli che ha girato i tribunali per un’antica querelle di Malagò (in comune i due hanno la brutta figura del mancato completamento della piscina mondiale di Tor Vergata progettata per i Mondiali 2009 e mai ultimata) e Di Rocco, influente n. 1 del ciclismo. Malagò non può contare nella sua azione nella solidarietà di un CONI unito. Brutti chiari di luna se Binaghi può insinuare: “Sabelli ci ha ribadito che ci sarà oggettività, è finita la bancarella e verranno premiati i migliori. Si passa dal medioevo al futuro”.    


Tex Willer in biblioteca a Toscolano, senza pistole

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Non capita tutti i giorni, e quindi è bello quando succede. Ed ancor più bello raccontarlo. Oggetto di queste righe: la Biblioteca Comunale Antonio Rosmini di Toscolano Maderno, elegante e dinamica cittadina affacciata sul lago di Garda, che già piaceva ai ricchi romani un paio di mille anni fa. Rosmini non era bresciano, nacque a Rovereto (1797), fu influente personalità del mondo cattolico, anche se ebbe i suoi guai con le poco malleabili gerarchie vaticane: le sue posizioni filosofiche e politiche furono condannate da Papa Leone XIII, e solamente con Giovanni XXXIII e il Concilio Vaticano II, e poi Paolo VI, e i Papi successivi, la sua figura e il suo pensiero furono riabilitati prima con un documento di Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, quindi non ancora Papa, e infine, nel 2007, con la proclamazione a beato, firmata dello stesso Ratzinger, nel frattempo assurto al Soglio di Pietro, come Benedetto XVI.

La Biblioteca Comunale di Toscolano Maderno onora degnissimamente questa figura di filosofo e teologo. La nuova Biblioteca, che tale è dallo scorso aprile, nell'edificio ristrutturato a fianco del palazzo che una volta ospitava la sede del Comune. Bei locali, ordinati, luminosi, arredati con sobrietà ma efficienti, scaffalature che trasmettono un senso di ordine e di rispetto, meglio amore, per i libri. E «poiché la carta stampata è per me un vizio», come scrisse Primo Levi, lì, mi sono sentito come a casa. E il «vizio» mi avrebbe spinto ad investigare su ogni scaffale, a curiosare fra tutte le varie sezioni, indicate con chiarezza. Sarà motivo di ritornare da visitatore e fruitore.

Stavolta ero lì per adempiere ad un impegno preso qualche tempo prima. Impegno mio che ha trovato adesione nel funzionario della biblioteca, Michele Fantoni, dinamico e competente. Ho deciso di cominciare a donare parte delle mia troppo vasta Collezione - Biblioteca - Museo, che fino ad oggi mi ha procurato qualche gioia ma anche molte amarezze. Ho cominciato quindi da una parte dei fumetti, cui ha fatto seguito la cessione (altrettanto gratuita) ad un espositore su un mercatino di robi vecchi di due pesanti borse di medaglie che avevo raccolto in tutto il mondo, e, prima ancora, scatole di libri e giornali rilegati donati, al primo che li ha voluti, alla Fiera del Libro di Montereggio, in Toscana. A Toscolano sono approdate quattro scatole con circa 150 copie del famoso fumetto inventato da Bonelli e Galleppini «Tex Willer», mio eroe giovanile, un Tex a colori pubblicato pochi anni fa, con enorme successo, dal Gruppo laRepubblica - Espresso. Quando Fantoni mi ha comunicato la disponibilità della struttura a ricevere la donazione, mi ha fatto davvero felice, pensando ai rifiuti che avevo collezionato in questi ultimi anni a regalare libri, oggetti, fumetti. «Non abbiamo spazio», la risposta ricorrente sia da strutture pubbliche sia da bancarellari. Il che fa la fortuna dei cassonetti della carta e del cartone. Cosa che non ho mai fatto nella mia vita, buttare un libro, ma, temo, che un giorno o l'altro dovrò fare la piega. E ringrazierò questa bella società che trova milioni da spendere per qualche centinaia di metri di piste ciclabili - imperversano ovunque - per mandare a spasso turisti sovrappeso, ma non ha soldi per una sala o una scaffalatura in più per una biblioteca.

E allora, come scriveva Gianni Brera alla fine di molti suoi bellissimi articoli sportivi, «innalziamo vessili e canti» in onore della Biblioteca Comunale Antonio Rosmini. Siatene fieri, amministratori e lavoratori della cultura (anzi sarebbe meglio dire dipendenti dell'istituendo - da me - ministero della Difesa Culturale) di Toscolano Maderno.

La composizione fotografica ci offre un paio di scorci degli spazi bibliotecari; nelle altre due, la consegna delle scatole di fumetti a Michele, presente anche Encarnita, che è autrice delle altre foto.

Giochini solo per la gloria (costosa) dei dirigenti

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Finalmente ho letto una cosa intelligente detta da un dirigente sportivo. L'ha detta Mr Narinder Batra, sessantadue anni, una laurea in diritto alla Università del Kashmir, influentissimo uomo d'affari in India, in una vasta gamma di attività, dal settore sanitario alle pompe di benzina, dal trasporto di prodotti petroliferi alla fabbricazione di compenenti per auto, lo hanno perfino autorizzato a costruirsi un porto privato a Gujarat. Insomma, non dovrebbero mancargli i quattrini. Essendo ben foderato di palanche, poteva mancargli un posto di potere nel mondo dello sport? Siamo in India, da quale sport poteva iniziare la sua scalata? Dall'hockey, of course. Un gioco che, si dice, sia nato in Egitto quattromila anni fa, con tracce preistoriche anche in Etiopia e Iran. Il «Field Hockey», hockey prato per noi, fece la sua apparizione ai Giochi Olimpici nel 1908 con quattro squadre british (Inghilterra, Irlanda, Galles e Scozia) più Germania e Francia. Concorso a premi: chi furono le prime quattro del torneo olimpico? L'India (allora India Britannica, dalla Regina Vittoria, 1858, fino all'Indipendenza, 1947, Gandhi, vi dice qualcosa?) si presentò la prima volta nel 1928 ad Amsterdam, e vinse il primo dei suoi otto titoli olimpici (sui 9 complessivi del suo medagliere), sei consecutivi fino allo stop a Roma '60, dove vinse il Pakistan. L'ultimo titolo come India Britannica fu quello del 1936 a Berlino. Gli esperti mi dicono che l'Italia hockeistica ha partecipato solo due volte all'agone olimpico: nel 1952 e nel 1960, per onor di firma.

Lascio da parte la storia dell'hockey e torno a Mr Narinder Batra, che adesso è presidente del Comitato olimpico indiano (IOA) oltre che presidente della Federazione internazionale hockey. Batra, in una intervista ad un quotidiano del suo Paese e poi alla Agence France-Presse, ha detto senza tanti giri di parole che non ha nessun senso partecipare ai Commonwealth Games che si faranno a Birmingham nel 2022. "È solo una perdita di tempo e uno spreco di denaro", parole testuali. E in aggiunta:"A parte due o tre sport, negli altri il livello della partecipazione è bassissimo...Noi andiamo lì e vinciamo decine di medaglie, 70, 100, poi ci presentiamo ai Giochi Olimpici e ne vinciamo due". Appunto, come a Rio 2016: un argento e un bronzo. 

E non si è limitato solo a questo, ha argomentato molto bene il suo punto di vista. Gli do pienamente ragione. Qui in discussione ci sono i Commonwealth Games, che sono pur sempre stati una delle manifestazioni non universali dello sport ma con grande tradizione. Ma vogliamo parlare di tutti gli atleti giochicchi che infestano il calendario di tutti gli sport? I Giochi del Mediterraneo, quelli dei Balcani, quelli dei Piccoli Stati, i Giochi Universitari, adesso si sono inventati gli European Games, e poi (roba da metterli in galera) gli Street Games, i Beach Games, da fare in strada o in spiaggia. Poi vien tutta una sfilza di Giochi di area, il sud est asiatico, il nord est, il sud ovest, il centro sud, esagero ovviamente. Una pletora inutile, dispersiva, ingannevole, ma soprattutto costosa: tutti quattrini pubblici. Come dice Batra, tornano carichi di medaglie di cartone, per non dir di peggio, e le sbandierano come grandi successi. Poi vanno ai Mondiali dei loro sport o ai Giochi Olimpici e i bottini fanno la cura  dimagrante, pelle e ossa.

Cui prodest? Non ho mai avuto il minimo dubbio: solo ed esclusivamente ai reggenti dello sport, meglio dei vari sport. Voi pensate che lo facciano a pro degli atleti? Ma fatemi il piacere. Vanno a spasso loro, gli atleti devono farsi carico di ulteriori fatiche - inutili - per nulla, spesso in condizioni disagiate. E in ogni caso distraendoli da altri obiettivi più importanti. È uno svilimento complessivo della qualità dello sport di alto livello. Ci sono atleti che disertano i Campionati nazionali ma spesso vengono obbligati a partecipare a giochini, solo, ripeto, per la gloria effimera di federazioni, presidenti, direttori tecnici. La stampa, ormai ridotta a un cumulo di macerie, abbocca, suona la grancassa, mai che analizzi il vero valore di certe partecipazioni. Però bastona proditoriamente quando lo sport nazionale torna a casa con le pive nel sacco. Allora scopre che il tal sport è in crisi, che il talaltro deve cambiare presidente o cittì, che serve una svolta...e via cantando.

Secondo voi come andrà a finire con l'India? Che fra due anni e mezzo sarà regolarmente a Birmingham per i Commonwealth Games. Figuratevi se Sua Maestà permetterà un simile affronto. Voci critiche delle idee di Mr Batra già si sono levate. E poi, diciamola tutta, il colonialismo non è mai morto, neppure nello sport. Con buona pace del povero Gandhi.

Il Giro dei Borghi e la Caminàa Storica Trail

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Domani mattina, partendo dal campo sportivo di Navazzo, il gruppo GS Montegargnano organizzerà la seconda edizione del Giro dei Borghi di Montegargnano (la precedente si è svolta in data 4 agosto, con grande successo). Chi fosse interessato deve farsi trovare alle ore 8 al campo sportivo di Navazzo (di fianco alla chiesa). Durante la passeggiata, che impegnerà i partecipanti per circa tre ore, ci sarà un punto di ristoro ove verranno offerti gustosi prodotti locali. Il percorso è segnalato stabilmente sul posto, per cui si può effettuare anche in maniera indipendente in tempi successivi.

Mezz'ora dopo, alle 8.30, si muoveranno i partecipanti alla terza edizione della Caminàa Storica Trail, percorso di 30 km, organizzato dallo stesso GS Montegargnano. Un misto di ricordo e di attualità. Ricordo della prima edizione della Caminàa, che poi col tempo divenne la Diecimiglia del Garda, con la partecipazione di grandi atleti delle lunghe distanze, gente da Campionati e primati del mondo e Giochi Olimpici, uomini e donne che hanno scritto pagine importanti nel libro dell'atletica. L'attualità è diversa, in linea con i tempi. Viva la corsa, comunque sia, in tutte le sue forme! In attesa - è il mio augurio - delle molte medaglie che vincerà l'Italia ai Campionati mondiali di atletica che iniziano oggi a Doha, una cittadina che sta in Qatar. 

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